Ora è il tempo della politica. Tutto pronto per lo sciopero della fame di Fabbris al Ministero

Gianni Fabbris, che nei giorni scorsi aveva indirizzato una lettera al Ministro della Salute e dell’Agricoltura, e aveva annunciato l’intenzione di avviare uno sciopero della fame chiedendo un incontro con una delegazione di allevatori e il Forum per il Piano Partecipato oltre che l’adozione del provvedimento di nomina del Commissario Nazionale per risolvere i problemi della BRC e della TBC nelle regioni meridionali, prendendo atto che, ad oggi, non è giunto alcun riscontro da parte del Governo, conferma l’avvio dello sciopero della fame a partire dal 16 aprile 2024 dalle ore 12 sotto il Ministero della Salute a Roma in Lungotevere Ripa 1. Il Coordinamento Unitario in Difesa del Patrimonio Bufalino e la Rete Interregionale degli allevatori, invitando fin d’ora la stampa a partecipare ad un incontro che si terrà davanti al Ministero della Salute il 16 aprile alle ore 12.30 per diffondere l’agenda delle iniziative di sostegno nei territori e della campagna nazionale, si convoca questa sera (11 aprile) alle ore 19 per organizzare materialmente le iniziative.

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Diffondiamo il testo di una dichiarazione di Gianni Fabbris, che ribadisce come lo sciopero della fame si interromperà solo e quando saranno state date risposte alle due richieste.

“Questo non è il tempo dei magistrati ma della responsabilità della Politica, per questo da martedi 16 aprile sarò in sciopero della fame. Abbiamo fatto decine di denunce alla magistratura e non sentiamo affatto il bisogno di aggiungerne altre magari per conquistare l’ennesimo titolo di giornale, pur se continueremo nella nostra azione nelle sedi legali perché venga pienamente sancito il riconoscimento dei principi del diritto. Ora è il tempo delle risposte da parte della politica. Risposte che non possono essere più rimandate e che, peraltro, sono state abbondantemente annunciate. Sia chiaro, sappiamo che mettere mani ad un problema irrisolto da decenni non è cosa semplice; sono 40 anni che falliscono i piani regionali di eradicazione della BRC e della TBC delle Regioni e dei Governi che si sono susseguiti nelle 4 regioni meridionali coinvolte (Sicilia, Campania, Puglia, Calabria). Sappiamo che ci sono ragioni diverse per questo fallimento per i più ma vantaggi per alcuni e denunciamo da tempo che attorno si è costruito un sistema di interessi che coinvolge diversi soggetti. Il Coordinamento ha coniato uno slogan crudele e impietoso nella forma ma realistico nella sostanza: finchè c’è brucella c’è business. Un business che la maggior parte subisce e che arricchisce alcuni. Fra chi ne patisce gli effetti ci sono le comunità dei territori coinvolti che si vedono indebolite economicamente, ambientalmente, socialmente ed a rischio di sicurezza per la salute, gli animali che pagano i prezzi dovendo sopportare condizioni di vita indegne fino ad essere spesso inutilmente macellati, i consumatori letteralmente raggirati, i tanti tecnici ed operatori sanitari onesti usati come strumenti passivi chiamati ad attuare misure fallimentari e squalificanti, la comunità civile impegnata da tempo a chiedere il cambiamento. Fra chi ne approfitta ci sono speculatori e faccendieri industriali, finanziari e commerciali, gestori di un sistema sempre pronto a stare col cappello in mano per gestire il pozzo senza fondo di soldi pubblici spesi nominalmente per risolvere i problemi ma che in realtà hanno solo ingrassato consulenze, mazzette e prebende professionali senza risolvere i problemi, sceriffi più o meno dichiarati chiamati ad imporre l’ordine contro la giustizia (vedi il caso degli oltre seicentomila euro all’anno sottratti dalla sanità pubblica campana e dati da De Luca alla struttura guidata dal Generale Cortellessa per fallire negli obiettivi sanitari); ci sono anche gli interessi di qualche politico regionale che fra clientele, promesse a vuoto, chiacchiere varie ed eventuali ha incassato vantaggi nel proprio ruolo di Assessore, Consigliere o portaborse . Sappiamo anche che mettere mano a tutto questo non è semplice e sappiamo che il Governo e il Parlamento chiamati in causa direttamente per garantire le risposte che in 40 anni non sono arrivate, assumono una bella responsabilità. Ma se la politica non è questo (assunzione di responsabilità) a che serve?
L’azione costante di oltre due anni di iniziativa del Coordinamento Unitario in Difesa del Patrimonio Bufalino, ha mostrato (oltre ogni polemica pelosa ed ogni ragionevole dubbio) come stanno le cose ed ha indicato la via su come le istituzioni devono mettere mano sia alle Riforme indispensabili sia alla attuazione di Piani che abbiano davvero l’obiettivo di risolvere i problemi piuttosto che di campicchiare gestendoli per favorire il sottobosco di interessi privati. Ora che le questioni sono chiare, dopo la Commissione di indagine al Senato, le prese di posizione ufficiali dei Partiti, il lavoro dei parlamentari di territorio (e non solo) che si sono schierati chiedendo il cambiamento, le sentenze dei tribunali, è arrivato il momento che la politica agisca.
Sappiamo che non deve essere stato semplice sciogliere il nodo che, immaginiamo, abbia richiesto tempo perché il Governo valutasse i rischi e le opportunità, forse chiedendosi: e se, dopo 40 anni e di fronte al coacervo di interessi incancreniti che potrebbero continuare a lavorare contro le soluzioni, con la nomina del Commissario Nazionale non si riuscisse a risolvere i problemi? E’ umano e persino comprensibile ma la politica ha il compito di dare risposte e le soluzioni servono ora, prima che la situazione degeneri e diventi ingestibile.
Oggi, a nome di un Movimento straordinario di cui gli allevatori sono stati primi protagonisti, non posso che riaffermare il nostro invito al Governo: si nomini il Commissario senza ulteriori indugi, si dia al Commissario la pienezza della responsabilità senza cedere alle sirene di chi sta provando a condizionarne l’operato magari per minarne l’azione in modo di poter continuare a gestire nei fatti e nell’ombra, si apra con il Forum per il Piano Partecipato una stagione di confronto democratico e pieno come primo atto del cambiamento necessario: i problemi si risolvono con gli allevatori e i cittadini non contro di loro. Contro di loro si fallisce, esattamente come ha appena dimostrato la Regione Campania che, avendo tentato di imporre soluzioni fallimentari manu militari con la nomina di un Generale in Pensione (che ha fatto perdere due anni di tempo e aggravato la situazione) ha la responsabilità storica di un fallimento che non potrà in alcun modo nascondere.
La via è un’altra, quella di un piano trasparente che risolva i problemi, cui gli allevatori con i loro collaboratori sono pronti a partecipare. Il Governo e il Parlamento non abbiano paura e remore.

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