La verità sui fatti che hanno ispirato i provvedimenti giudiziari contro di noi

I fatti – scheda

La procura della Repubblica di Matera con firma del Procuratore della Repubblica Dott.ssa Celestina Gravina, l’11 agosto 2014 ha chiesto l’arresto per Gianni Fabbris per la attività che Altragricoltura, il Comitato TerreJoniche, il Soccorso Contadino ed una serie di altre associazioni legate al territorio Jonico, stanno da tempo mettendo in campo per denunciare la crisi delle aziende agricole e difendere gli agricoltori dagli effetti che stanno distruggendo un intero patrimonio pubblico come è quello del lavoro contadino.
La Procura della Repubblica di Matera ha chiesto gli arresti per Gianni Fabbris motivandoli con gravissimi reati da delinquenza comune quali quelli di rapina aggravata e estorsione aggravata.
Il Gip Angelo Onorati ha compiuto una prima importante revisione delle accuse rifiutando la richiesta degli arresti ma comunque imponendo a Gianni Fabbris l’obbligo di dimora nel proprio comune di residenza (Policoro) e riqualificato le ipotesi di reato a “violenza privata” che rimane una gravissima imputazione. Evidente è la conseguenza di bollare una vertenza sindacale ed una iniziativa di impegno e denuncia sociale come atto di delinquenza criminale.
Lo stesso GIP, Angelo Onorati, dopo l’interrogatorio di garanzia di Gianni Fabbris, nonostante il parere negativo della Procura della Repubblica, ha rivisto il provvedimento dell’obbliga di dimora per Fabbris lasciando solo quello di non potersi recare nell’azienda difesa sindacalmente. Rimangono comunque le accuse della Procura della Repubblica.
Contro questo provvedimento è in corso di deposito una istanza di annullamento presso il Tribunale del Riesame.

In questa scheda sono raccolti i fatti cui facciamo riferimento ed offerti documenti di approfondimento perché siano chiare le questioni di cui stiamo parlando.
Per farlo, abbiamo diviso la ricostruzione in 3 capitoli:

a) La ricostruzione della vertenza per difendere le aziende dallo sciacallaggio
La Campagna contro lo sciacallaggio
Il caso dell’Azienda Conte la denuncia dello sciacallaggio e la ricerca della mediazione.
La verità su quanto accaduto in occasione delle procedure per l’immissione in possesso
L’atto depositato dall’Avv. Melidoro con i dubbi su come si sta realizzando la procedura

b) Le contestazioni della Procura della Repubblica negli atti e le nostre verità
Gli Atti della richiesta di Arresto
Il Provvedimento del GIP
Il secondo provvedimento del GIP
Il ricorso al tribunale per il Riesame

c) Il contesto
I motivi per cui è stato chiesto l’arresto del nostro dirigente
L’atteggiamento della Procura della Repubblica di Matera di fronte al rischio di infiltrazioni criminali e le posizioni, chiaramente prevenute,  “contro” l’operato di Altragricoltura nei mesi scorsi
 – Il documento dell’Esecutivo Nazionale di Altragricolura

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1) La Campagna contro lo sciacallaggio

A partire dal Gennaio 2014 ha iniziato a prendere forma una campagna di sensibilizzazione di informazione sul tema dello sciacallaggio come evoluzione delle iniziative da tempo assunte da Altragricoltura contro l’indebitamento in agricoltura e i suoi effetti.

La campagna si è sviluppata attorno alla vicenda dell’Azienda di Leonardo Conte ed Angela Ergastolo di cui una parte era stata comprata allìasta in Provincia di Matera avviandosi attorno ad una singola esperienza ma, ben presto, diventando una campagna generale del Movimento e di Altragricoltura assumendo il nome di CAMPAGNA CONTRO LO SCIACALLAGGIO SOCIALE. Con questo termine definiamo l’azione di chi speculando sulle disgrazie altrui cerca di mettere mani sui beni delle aziende agricole o, comunque, di sottrarle ad un uso produttivo (banche, trust commerciali, speculatori privati, ecc..)

Tre gli obiettivi centrali della Campagna:
– quello di fare emerge la consapevolezza della natura della crisi che non colpisce tutti in maniera uguale o meglio che mentre colpisce i più permette ad alcuni soggetti (che vanno sempre più configurandosi come soggetti economicamente, politicamente e socialmente “forti”) di lucrare ed accumulare ricchezze proprio sulle macerie della crisi come avviene in una economia di guerra;
– quello di premere nei confronti delle istituzioni e della politica perchè diano risposte alla crisi rurale e perchè vengano introdotti elementi di tutela ai fenomeni di accaparramento dei beni e delle risorse di quanti sono colpiti dalla crisi.
– quello di aprire i riflettori e il massimo dell’informazione su come avvengono le azioni di sciacallaggio delle aziende agricole che sta determinando il passaggio di mano di molte delle aziende agricole espropriate agli agricoltori che le hanno condotte per decenni per finire spesso nelle mani della speculazione improduttiva, finanziaria o del trust commerciale.

Tutte le iniziative prodotte dalla vertenza per difendere l’Azienda Conte sono state assunte all’interno di questa campagna e sono state pubblicizzate dando sempre il massimo della informazione.

 

2) Il caso dell’Azienda Conte, la denuncia dello sciacallaggio e la ricerca della mediazione.

L’azienda di Leonardo Conte ha avuto una lunga storia travagliata (Vedi). Una storia che era iniziata come un’azienda di famiglia dal padre di Leonardo, che si è sviluppata in una azienda “competitiva e dai grandi numeri”che ha mobilitato grosse risorse e investimenti finanziari per diversi anni andando incontro al crollo, per poi tornare alla ricerca di modelli agroecologici sostenibili.  Una storia, quella del passaggio da “azienda contadina” al fallimento dell’ “azienda agroalimentare industriale” comune a tante delle aziende agricole ed allevatrici delle aree dell’agricoltura una volta forte come è quella del Metapontino che, a prescindere dalle singole e specifiche ragioni di cui noi non assumiamo alcuna responsabilità, è una storia segnata dal fallimento di un intero sistema.
Il modello di produzione e trasformazione della carne che aveva portato quell’azienda a realizzare alla fine degli anni ’90 circa dieci miliardi di Lire di fatturato è un modello che è “saltato” in tutto il Sud Italia. Molto ci sarebbe da dire su quel modello ma, per, l’economia di questa scheda e questa ricostruzione, ci limitiamo a chiarire che abbiamo da sempre espresso un giudizio critico e fortemente negativo su quel modello generale di impresa (import/export piuttosto che agricoltura di territorio).  Un modello che non ci è mai piaciuto, che non abbiamo mai condiviso e per cui siamo impegnati nel suo superamento e nella riconversione del comparto. Un modello insostenibile, che ha, generalmente, prodotto indebitamento fino alla chiusura di molte realtà agricole e per cui sempre di più aumenta la consapevolezza nelle campagne  e che va rapidamente superato.
Il fatto che lo stesso Leonardo Conte negli anni scorsi (pur nei limiti di una condizione finanziaria estremamente problematica per il forte indebitamento accummulato) si sia orientato verso modelli ecologicamente e socialmente sostenibili ed abbia riconvertito la propria attività in allevatore di maiali allo stato brado e di produzioni di carni senza nitriti e nitrati, lavorando a costruire e consolidare reti di rapporti con i gruppi di acquisto di tutta Italia che hanno attestato la qualità delle produzioni e del cibo, ci ha motivati all’idea di “trasformare la crisi in opportunità” sia recuperare in senso positivo il grande patrimonio di esperienze di Leonardo Conte ed Angela Ergastolo sia per riconsegnareal territorio un’attività di produzione del cibo, di cura e gestione della terra dal forte valore sociale ed ecologico e che potesse tornare a produrre reddito e ricchezza per tutta la comunità.
Nasce così il progetto di dare vita ad una Rete degli Agricoltori di Territorio coinvolgendo attorno al progetto di rilancio di quell’azienda una serie di agricoltori e allevatori dell’area. Un progetto che, per essere realizzato. aveva ed ha l’obiettivo di realizzare la prima delle condizioni: quella di poter avere il possesso della Terra su cui fare gli investimenti necessari. A questo avevamo iniziato a lavorare alla fine del 2012 (abbiamo realizzato diverse riunioni ed incontri) quando è arrivata la notizia che, nel frattempo, qualcuno aveva comprato l’azienda facendo un’offerta di 83.000 Euro al commercialista che, nel frattempo, aveva avuto il compito di vendere i beni dal Tribunale di Matera.
Fin dal primo momento abbiamo cercato di contattare queste persone con l’obiettivo di trovare una soluzione e di chiedere di poter prendere atto che c’era una azione di solidarietà attiva in corso e che si rendessero disponibili ad un compromesso. Compromesso che poteva avere diverse soluzioni (il recupero di quanto speso? il trasformare l’investimento in quote della società costituita con gli altri agricoltori solidali? un contratto di affitto e gestione? altro?) ma che prevedeva una condizione fondamentale: la disponibilità di chi aveva comprato a fare un passo indietro.
Pur non condividendole ed, anzi, criticando le modalità con cui è avvenuta la vendita all’asta, consapevoli che è avvenuta all’interno delle modalità previste dalle norme e dalle liggi vigenti (su cui pure torneremo nei prossimi giorni per evidenziare storture e iniquità),  abbiamo sempre espresso un giudizio di “inopportunità etica” ed abbiamo sempre denunciato che se alla fine questa operazione si compirà sarà stata un’azione dipuro sciacallaggio.
Il vocabolario della lingua italiana chiarisce che, fra le diverse definizioni del termine “sciacallaggio” vi è anche quella per cui “lo sciacallaggio è l’azione di chi approfitta delle disgrazie altrui”. Come definire altrimenti l’atto di un vicino confinante di terra che, sapendo che stai facendo di tutto per salvare la tua azienda, se la compra per 83.000 Euro mentre l’azienda ne vale ben oltre 500.000?
Abbiamo chiesto a chi ha comprato all’asta di assumere consapevolezza facendo appello al richiamo morale di poter contribuire alla coesione della comunità piuttosto che alla ricerca dell’arricchimento sulle disgrazie altrui ed abbiamo chiesto di rendersi disponibile a trasformare quella che altro non è che una delle tante vicende di sciacallaggio in un atto di partecipazione alla solidarietà.
Con noi hanno chiesto una soluzione solidale e di compromesso in tanti nei lunghi mesi di iniziativa che abbiamo condotto, fra l’altro il Presidente della Regione Marcello Pittella, i due sindaci del territorio interessato (Policoro e Tursi), diversi parroci e lo stesso Vescovo di Tursi e molti cittadini. Tutti hanno sottolineato che, al di là del diritto legalmente acquisito da parte di chi ha comprato, il compromesso che trovasse una soluzione concordata era la strada da trovare.
Per una fase iniziale sembrava che questa soluzione potesse prevalere, tanto è vero che  era stata concordato un incontro  presso il Comune di Tursi convocato dal Sindaco di Tursi, per discutere del compromesso. Incontro cui la parte che ha comprato aveva dato la disponibilità ma da cui si è sottratto non presentandosi per ben due volte con motivi pretestuosi e provocatori (vedi).
Nonostante le richieste e la disponibilità di tanti (anche massime istituzioni) a farsi persino garanti di una soluzione che salvaguardasse “l’investimento” fatto da chi ha comprato all’asta, dunque, si è cercato lo scontro e si è voluto imporre una soluzione in spregio a qualsiasi appello alla mediazione accusando, addirittura, noi stessi di violenza per aver ricordato a chi ha comprato all’asta che, non rendendosi disponibile al compromesso, assumerebbe tutta e in pieno la responsabilità di essere valutato dalla opinione pubblica per quello che è.
“Se tu rivendichi il tuo diritto a prendere nelle tue mani l’azienda comprata all’asta perchè dici di essere nel giusto, perchè la legge è dalla tua parte e perchè tu hai fatto tutte le cose in regola, allora non avrai problemi al fatto che questa storia sia conosciuta in tutta Italia e, dunque, tutti la conoscano e ti conoscano in modo che possare farsi e dare un giudizio su questa storia”. Questo l’argomento sostenuto dal Comitato costituito per difendere il diritto di Angela e Leonardo e deglialtri agricoltori solidali a lavorare quella terra.
In poche parole l’argomento del Comitato è semplice: se rivendichi la tua azione e se pensi di essere nel giusto, noi racconteremo questa storia con il massimo della diffusione perchè tutti sappiano.
Del resto questa è uno degli obiettivi su cui la nostra campagna si sta sviluppando: raccontare la verità, aprire i riflettori, togliere dal cono d’ombra in cui si consumano le vicende delle vendite all’asta per far emergere la realtà su cosa sta avvenendo nelle campagne e sulla tragedia che vede alcuni mettere le mani sul lavoro di molti nell’indifferenza della politica e delle istituzioni.
Questo obiettivo è stato valutato dalla Procura dela Repubblica di Matera che ha accusato Fabbris di estorsione e di violenza per aver detto a chi ha comprato: torna sui tuo passi e non compiere un’azione di sciacallaggio perchè se non lo fai ti assumerai la responsabilità etica e morale di essere pubblicamente giudicato.
La stessa Procura della Repubblica di Matera nel suo atto di imputazione contesta a Fabbris di aver agito con la compiacenza e la strumentalizzazione delle testate giornalistiche: come dire che la stampa che fa il suo lavoro e che, dunque, racconta i fatti è costra complice del reato di averli denunciati.
Un bel capovolgimento della realtà ed un bell’esercizio di mistificazione.

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3) La verità su quanto accaduto in occasione delle procedure per l’immissione in possesso

Un’altro obiettivo che abbiamo avuto nella mobilitazione è sempre stato quello di pretendere il massimo della trasparenza  nelle procedure di immissione e di presa di possesso dei beni.
Abbiamo iniziato ad occuparci di questa azienda, in definitiva, quando ormai la vendita all’asta era avvenuta eppure sarà interessante capire se tutti i meccanismi di tutela dell’azienda stessa (e del suo valore), dei soggetti esecutati (quelli direttamente raggiunti da provvedimento e i terzi portatori di diritto) e dei possibili compratori stessi (forme dipubblicita e diffusione della vendita) siano stati messi in campo.
Sarà interessante, per esempiuo, capire come mai il curatore e lo stesso tribunale non abbiano affidato la gestione dei beni ad un soggetto che ne preservasse la produzione e la conservazione. La legge obbliga il Tribunale, infatti, a nominare un soggetto che mantenga (onerosamente) l’azienda proprio per evitare che il prezzo del bene si svaluti e che, dunque, venga comprata per poco (come in realtà è avvenuto) dal momento che per 83.000 euro è stato comprato un bene che sul mercato dovrebbe valerne oltre 500.000.
Sarà interessante capire quanto è stato fatto (se è stata fatta qualcosa) per consentire al debitore di mettere in campo le misure che pure esistono per transare il debito che avrebbero portato i debitori a poter rientare di quote di credito benpiù considerevoli ed al debitore di veder abbattuto o cancellato il debito.
Ci sembra, al momento, che anche questa vendita finirà in definitiva per ripagare più i costi della procedura che a ripianare il debito e sarà interessante ricostruire (in questo come in altri casi) come sia possibile che questo  sia accaduto.
Ad ogni modo, essendo intervenuti a vendita eseguita, noi ci siamo concentrati sulla procedura di immissione in possesso di cui abbiamo chiesto il massimo della correttezza e della trasparenza.

La procedura è stata, in effetti, oggetto di contenzioso di cui riassumiamo i termini:
– da una parte chi aveva comprato all’asta che pretendeva di entrare in possesso dei beni che aveva comprato chiedendo che si liberassero velocemente
– dall’altra la Sig.ra Angela Ergastolo destinataria del provvedimento di rilascio, Leomardo Conte che gestisce in affitto l’azienda, Giovanni Conte che gestisce in affitto la griglieria aziendale e l’Associazione Rinascita Lucana di cui Fabbris è presidente che ha preso possesso dei locali e stava lavorando parte della terra che chiedevamo che fossero rispettati tutti i tempi, i modi e le prassi previste dalla procedura.

In sede di interrogatorio di garanzia a Fabbris il GIP ha contestato di aver impedito con la violenza l’immissione in possesso per ben quattro volte.

Falso! E’ interessante notare che (tranne che per l’ultimo tentativo di accesso) il GIP non aveva nell’incartamento gli atti relativi ai precedenti accessi eppure mi contestava che Fabbris li avrebbe impediti. Se li avesse avuti, ovvero se la Procura della Repubblica li avesse acquisiti avrebbe facilmente preso atto che erano tre verbali in cui lo stesso Ufficiale Giudiziario verbalizzava il rinvio senza lamentare tentativi di impedire l’accesso).

Questa la sommaria ricostruzione dei fatti relativa ai 4 atti compiuti dall’Ufficiale Giudiziario presso l’Azienda Conte:

– Al primo tentativo l’Ufficiale Giudiziario che è venuto in azienda ha preso atto che c’erano degli errori nelle comunicazioni inviate dal tribunale e, dunque, ha fatto un verbale in cui dava atto degli errori ed aggiornava l’esecuzione. Dunque non c’è stato alcun blocco che abbia impedito all’Ufficiale Giudiziario di svolgere il suo lavoro.
– Al secondo tentativo L’Ufficiale Giudiziario ha fatto l’accesso redigendo un verbale in cui si dava atto che vi erano soggetti terzi che dovevano essere avvisati, Fabbris è stato identificato e messe a verbale le dichiarazioni per cui conduceva una parte dell’attivitò, veniva verbalizzato che c’erano dei benoi di altri soggetti (un leasing) che andavano avvisati e tutelati, ecc. Soprattutto a verbale si metteva che le parti concordemente decidevano di trovarsi al tavolo di mediazione proposto dal Sindaco di Tursi per trovare una soluzione. Dunque anche in questo caso non c’è stato alcun blocco dell’accesso che, anzoi c’è stato anche se pure in questo caso la Procura della REepubblica ha dimenticato di acquisire gli atti e inviarli al GIP che contestava a Fabbris il blocco delle attività dell’Ufficiale Giudiziario.)
– Al terzo tentativo cambia l’Ufficiale Giudiziario che dimostra fin dal primo momento di “non voler sentire ragioni”, rifiuta di mettere a verbale dichiarazioni dei soggetti che erano già stati verbalizzati nei prime tentativi e soprattutto rifiuta di dare conto del perchè il Compratore, pur essendosi impegnato a partecipare all’incontro di mediazione come da verbale, non si era presentato. In effetti la motivazione per cui non si era presentata era gravissima ed era stata comunicata con lettera ufficiale al Sindaco di Tursi e, dunque, il rappresentante di Altragricoltura nella sua doppia veste di rappresentante sindacale e di Presidente dell’Associazione di agricoltori che rivendicava l’uso delle terre, pretendeva che fossero chiarite le circostanze. Niente da fare. La discussione è andata lungamente avanti fino a quando l’Ufficiale Giudiziario ha redatto un verbale in cui ha deciso di aggiornare l’esecuzione ad altra data)
– Al quarto tentativo, tenuto mentre Leonardo Conte era al nono giorno di sciopero della fame nella piazza centrale di Policoro, Altragricoltura ha indetto una mobilitazione debitamente autorizzata dalla Questura ed ha atteso l’Ufficiale Giudiziario con un nutrito gruppo di persone intervenute ed una nutrita presenza di forze dell’ordine. Anche in questo caso l?ufficiale Giudiziario si è rifiutato di mettere a verbale  che esistevamo diritti di terzi ed anche in questo caso si è rifiutato di interloquire con Fabbris e nessun altro degli intervenuti perchè a suo dire £non avevano diritto”. Anzi ha chiesto di “tirare fuori le chiavi” per poter entrare. Chiavi che nessuno aveva e che dunque nessuno ha potuto dare anche vista l’assenza di chi le possedeva perchè era in piazza nello sciopero della fame.
Senza che nessun ordine fosse dato dalle forze dell’ordine presenti e dallo stesso Ufficiale Giudiziario, mentre Fabbris era a braccia conserte davanti al cancello per protesta per l’atteggiamento dell’Ufficiale Giudiziario che si rifiutava di verbalizzare le dichiarazioni di una parte ma continuava ad avere un atteggiamento di sola tutela dell’altra, l’Ufficiale Giudiziario ha aggiornato al 25 agosto l’ulteriore data per l’esecuzione.

Il 21 Agosto, a seguito di una querela di parte della persona che ha comprato all’asta, vengono notificati a Fabbris i provvedimenti cautelari che gli impediscono di andare in azienda a svolgere la sua attività sindacale.
Il 25 agosto, mentre Fabbris sosteneva l’interrogatorio di garanzia a Matera, uno straordinario spiegamento di Forze di Polizia impediva ai giornalisti, a numerosi cittadini intervenuti e ad una delegazione di Presidenti di Associazioni, Parlamentari, allo stesso Presidente Nazionale di Altragricoltura di poter assistere agli atti che l’Ufficiale Giudiziario ha compiuto senza che fossero presenti le parti interessate aprendo con la forza un cancello di cui più volte il Presidente di Altragricoltura ha dichiarato di avere le chiavi.

Il 28 agosto il GIP ritirava il provvedimento di restrizione cautelare per Fabbris pur mantenendo il divieto a non potersi recare presso l’Azienda Conte. Missione compiuta, senza l’intralcio di testimoni e della tutela sindacale.

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4) L’atto depositato dall’Avv. Melidoro con i dubbi su come si sta realizzando la procedura

La settimana precedente all’arrivo dei provvedimenti, lì’Avv. Antonio Melidoro (responsabili del tavolo tecnico del Soccorso Contadino e rappresentante degli interessi di Angela Ergastolo) depositava un atto di 12 pagina in cui si lamentavano tutta una serie di possibili problemi per come si stava eseguendo la procedura di immissione in possesso soprattutto in relazione al mancato rispetto delle procedure di tutela dei terzi chiedendo la sospensione del procedimento per poterle valutare.
Il Giudice del Tribunale non ha concesso la sospensione ma ha ritenute le osservazioni meritevoli di discussione disponendo la comparizione delle parti per il giorno 4 settembre. Anche in ragione di questa circostanza l’Avv. Melidoro aveva chiesto un rinvio dell’esecuzione a dopo che l’Udienza si fosse tenuta.
Anche in questo caso l’Ufficiale Giudiziario non ha sentito ragione ed ha deciso di procedere lo stesso chiamano ad intervenire un massiccio dispiegamento di forze dell’ordine.
Ovviamente, in relazione agli sviluppi dei prossimi giorni, sia Altragricoltura che Angel Ergastolo e Leonardo Conte, valuteranno le iniziative anche in sede legale da assumere di fronte a quelle che consideriamo una serie di inutili forzature di cui verificheremo la legittimità.

5) Gli Atti della richiesta di arresto

 

Qui i documenti con i capi di imputazione contestati dalla Procura della Repubblica di Matera. Alcune osservazioni:
– mai si fa riferimento al ruolo sindacale di Gianni Fabbris ed al fatto che tutte le iniziative sono state assunte  con convocazione pubblica, comunicazione alle forze dell’Ordine e massimo della pubblicità ma, al contrario ridotte a  semplici fatti di delinquenza comune.
– i reati contestati sono gravissimi e vanno dall’estorsione aggravata alla rapina aggravata, reati che, ove dimostrati, prevedono condanne ad oltre dieci anni di reclusione
– i giornalisti che hanno dato sempre ampio spazio a questa vicenda sono chiamati nei fatti alla corresponsabilità ed alla complicità perchè definiti strumentalizzati e compiacenti
– la Procura della Repubblica di Matera ha agito su una querela di parte mentre era in corso un contenzioso fra due soggetti che si esprimeva anche sul piano legale; per il modo come lo ha fatto ha, concretamento, deciso di schierare le istituzioni da una parte piuttosto che dall’altra
– se proprio avessero voluto ad ogni modo eseguire l’immissione in possesso sarebbe bastato intervenire con le forze dell’ordine come in effetti hanno poi fatto la mattina del 25 agosto; perchè chiedere l’arresto del nostro dirigente?
– quale è il senso delle perquisizioni domiciliari a casa di Fabbris e di Leonardo Conte alla ricerca di pericolosi documenti sulla vertenza?

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6) I due Provvedimenti del GIP

L’interrogatorio di garanzia di Gianni Fabbris è durato circa un’ora e un quarto. In quella occasione Fabbris ha prodotto tutte le credenziali relative ad Altragricoltura, al Soccorso Contadino e al Comitato Terre Joniche (statuti, tesseramento,convenzioni dei servizi, funzioanmento delle deleghe sindacali, ecc.).
Ha prodotto documenti sulla vertenza ed ha ricostruito i fatti contestati osservando come la Procura della Repubblica aveva comunque prodotto documenti approssimativi e parziali.
In effetti il GIP non accogliendo l’impostazione del Procuratore della Repubblica e riqualificando le ipotesi di reato, in defitiva, all’aver fatto un picchetto che avrebbe impedito l’esecuzione di un’ordinanza del Tribunale e dopo l’interrogatorio di garanzia, ritirando le misure cautelari e mantenendo solo il divieto di recarsi in azienda, ha, nei fatti, sconfessato il teorema della Procura della Repubblica di Matera.
Il giudice delle Indagini Preliminari, in sede di interrogatorio ha osservato che il prendersi una denuncia per un sindacalista che “fa i picchetti” è praticamente un rischio professionale. In effetti è cosi per chi fa sindacato ed è possibile (anche se non giustificabile) che una delle parti faccia una denuncia e che la magistratura faccia delle indagini ed accerti i fatti.
Ma cosa c’entrano le perquisizioni, le richieste di arresto, l’obbligo di dimora e i reati di estorsione e rapina?

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7) Il ricorso al tribunale per il Riesame

Altragricoltura sta comunque predisponendo le iniziative per presentare ricorso al Tribunale per il Riesamo

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8) Tre i possibili motivi per cui è stato chiesto l’arresto del nostro dirigente

Ci siamo chiesti il perchè di una reazione cosi dura e ci siamo dati una risposta che guarda in tre direzioni.
1) la reazione di cordate organizzate sul territorio che si sentono lese nell’investimento che hanno fatto negli anni scorsi e che non riescono a monetizzare. Denunciamo da tempo come il rischio più grande di penetrazione criminale in quel territorio sia legato alla crisi economica ed, in particolare all’usura, le vendite all’asta ed al trust del prezzo dei prodotti agroalimentari. L’attivitò di Altragricoltura sta concretamente incidento nel territorio ed è certamente da ostacolo  a questi interessi
2) un uso strumentale delle istituzioni ed in particolare una responsabilità grave della Procura della Repubblica di Matera. Più volte Altragricoltura ha denunciato come nel Metapontino vi sia una sottovalutazione dei fenomeni di illegalità di cui pure vi sono diversi segnali e spie. In particolare Fabbris, insieme a Domn Marcello Cozzi vicepresidente nazionale di Libera, ha riferito queste valutazioni alla Commissione Antimafia durante un’audizione tenuta in Aprile a Matera.
Sarà un caso ma a Giugno durante l’audizione della Dott.ssa Celestina Gravina presso la stessa Commissione Antimafia, il Procuratore della Repubblica di Matera per giustificarsi dalle critiche avanzate da Fabbris ma anche da tanti altri, ha attaccato Altragricoltura e il suo modo di operare dimostrando chiaramente il suo pregiudizio nei confronti della nostra azione.
A questa pagina è possibile leggere le nostre osservazioni e il testo integrale dell’audizione del Procuratore della Repubblica di Matera che noi reputiamo grave per almeno quattro motivi:
– perchè ripropone il teorema dell’insistenza di fenomeni mafiosi e del loro rischio nelle aree rurali;
– perchè viene fuori, al contrario, un quadro di critica e di preoccupazione non solo da parte nostra e delle altre associazioni di società civile impegnate ma, anche, della stessa Commissione Antimafia e dei Magistrati delle DDA delle altre Province che, sostanzialmente, lamentano che proprio per la lettura minimalista della Procura di Matera le indagini anche avviate da loro sono bloccate
– perchè la Dott.ssa Celestina Gravina dimostra di avere un forte pregiudizio nei confronti delle organizzazioni sociali attive sul territorio che denunciano il rischio di penetrazioni mafiose e dell’esistenza stessa di un modello di criminalità specificamente lucana su cui non si interviene abbastanza;
– perchè in un capovolgimento della realtà, Altragricoltura, che sollecita e chiede che si approfondiscano indagini si trova colpita da accuse gravissime con la conseguenza che si possa fare strada nella società che “è meglio non denunciare perchè poi ne paghi le conseguenze”.
Il presidente di Altragricoltura ha chiesto un’audizione urgente alla Commissione Antimafia per poter illustrare i fatti e chiedere tutele.
3) Il Clima di tensione che si sta determinando nelle campagne per cui senza  risposte alla crisi si acuiranno inevitabilmente i conflitti e, dunque, la tentazione di rispondere con la repressione ed in materia autoritaria è certamente un rischio grande per il mantenumento di un tessuto di coesistenza pacifica nelle nostre comunità. L’irresponsabile forzatura di alcuni settori delle istituzioni potrebbe portare a far crescere un clima di cui siamo fortemete preoccupati.
Su questo in particolare Altragricoltura chiama alla vigilanza ed alla mobilitazione con un documento  che sarà a base delle iniziative per la campagna di mobilitazione che avrò inizio nei prossimi giorni

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