La nostra cerealicoltura va cambiata

La crisi del prezzo del grano non è un imprevisto ma il frutto di precise scelte politiche e industriali. Un crollo annunciato che trascina con sé redditi, aziende e territori.
Non parliamo di una flessione temporanea, ma di una caduta strutturale che conferma la tendenza a perdere valore della nostra cerealicoltura. È l’ennesimo capitolo di un abbandono programmato, dove gli agricoltori vengono lasciati soli a fronteggiare mercati senza regole e filiere invase da importazioni incontrollate. Mentre in Turchia il grano resta dentro i con-fini per garantire sicurezza alimentare e in Kazakistan si aprono nuove rotte commerciali, l’Europa si scopre debole, frammentata, senza difese. E l’Italia, patria del pane e della pasta, resta ostaggio di logiche che riducono il lavoro dei cerealicoltori a numeri da borsa merci. La politica tace. Intanto nelle campagne cresce lo sconforto: si produce sotto costo, si lavora senza prospettiva. Fino a quando?
Il grano non è una merce qualsiasi: è storia, cultura, identità. È il simbolo della sovranità alimentare.
Altragricoltura denuncia questo tradimento e annuncia che il tema del grano sarà al centro della nuova Consulta Cerealicola che opera nella Federazione degli Agricoltori.
La Consulta riparte dalla Carta del Grano di Matera e Altamura che un movimento di agricoltori in mobilitazione per il prezzo del grano pose già nel 2017, nella consapevolezza che bisogna ripartire dal dare valore a cosa produci, come produci e per chi produci. Siamo al lavoro per convocare il Secondo Forum in Difesa del Grano e aggiornare la Carta su cui riprendere le iniziative.

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