La pesca italiana vive da anni una fase di contrazione. Nel 2023 la flotta contava 11.684 imbarcazioni, ma quelle effettivamente attive sono circa 9.600: vent’anni fa erano oltre 15.000. Gli occupati diretti a bordo sono oggi circa 21.000, pari a 13.500 unità lavor-ative a tempo pieno, in calo del 18% solo rispetto al 2018. Se si sommano pesca e acquacoltura si arriva a circa 33.000 addetti, un comparto che resta importante per molte comunità costiere.
Gli sbarchi nazionali hanno toccato nel 2022 le 132.395 tonnellate, per un valore di 760 milioni di euro: un dato netta-mente inferiore al 2010, quando si superarono le 220.000 tonnellate e il miliardo di euro di valore. *A fronte di questa riduzione della offerta interna, i consumi domestici restano elevati: ogni italiano mangia in media 21 chili di pesce all’anno, tra i livelli più alti in Europa.
Il problema è che la produzione nazionale copre solo una piccola parte della domanda: gran parte del pesce che arriva sulle tavole è importato. Si stima che solo il 18% circa del pescato che viene consumato dagli italiani venga dalle nostre marinerie. *Così, mentre la flotta e gli equipaggi diminuiscono, la dipendenza dall’estero cresce. I numeri fotografano con chiarezza un settore che ha perso circa un quinto della propria capacità negli ultimi due decenni, ma che continua ad avere un ruolo strategico nel garantire lavoro e identità alle comunità marittime italiane.
Ott 05 2025
Vent’anni di declino della pesca italiana
