Le esposizioni artistiche

RiScatti: sguardi, visioni, rimembranze

 

Nonostante, ancora oggi, per vendere prodotti alimentari, ci si serve di immagini di un mondo rurale e agreste e nei supermercati molte confezioni presentano contadini e fattorie stile anni ’30, con palizzate di legno e bei prati verdi facendo leva su un immaginario bucolico, la realtà che circonda le nostre campagne è ben diversa.

Viviamo in un’epoca in cui i bambini sono definiti “nativi digitali” ma che si sentono minacciati se trovano un insetto in casa, che non sopportano la sabbia tra le mani. Tutti noi mal sopportiamo qualsiasi odore la campagna ci restituisca: escrementi, sudore, erba marcia, etc. e nulla o pochissimo sappiamo di ciò che mangiano o arriva sulle nostre tavole.

Per non parlare di quello che avvertiamo andando al supermercato: le stagioni non esistono più ed è possibile, ad esempio, acquistare tutto l’anno pomodori coltivati dall’altra parte del globo, raccolti ancora acerbi e fatti maturare con l’etilene che hanno l’aspetto del pomodoro ma lo sono solo in apparenza ossia, ne rappresentano l’idea, così come nel reparto delle carni non si trovano più tagli con l’osso.

Viene volutamente celato il sipario tra noi e il luogo di provenienza dei cibi. Le industrie non vogliono che si sappia perché, se il consumatore conoscesse la verità, non comprerebbe. Se seguissimo infatti a ritroso la filiera produttiva di queste confezioni, sicuramente non troveremo certo una fattoria, ma spesso una fabbrica dove gli animali vivono in piccole gabbie fortemente stressati e imbottiti di chissà quali porcherie.

La realtà quindi, è ben diversa da ciò che in genere si crede o da quello che vogliono farci credere.

Gli animali e i lavoratori vengono maltrattati e sfruttati. Gli alimenti sono diventati pericolosi e tutto ciò ci viene intenzionalmente nascosto. Esiste una ristretta cerchia di multinazionali che controlla l’intera produzione alimentare, dal seme al supermercato e che sta assumendo un crescente potere.

Non è solo una questione di cibo e di ambiente trasformato e non più naturale ma è a rischio anche la libertà di espressione e il diritto d’informazione.

Oggi non solo la città è ostile ma anche la natura e il mondo rurale. Se non li tuteliamo al più presto, prendendo consapevolezza che l’abbondanza, il consumismo e la libertà di scelta che ci sembra di vivere sono solo fittizie, vivendo l’illusione di diversità, avremo perso la nostra maggiore ricchezza.

E’ inutile dire, quindi, che le attuali crisi e il momento storico che stiamo vivendo rendono evidente la necessità di trasformazioni profonde. La natura è ancora una risorsa per tutti e dobbiamo riscoprirla per divenire migliori e preservarla, godendocela, cercando di riscoprirla.

L’Arte intesa come modalità d’azione e comprensione della realtà e delle sue specificità contestuali, con la sua storia, il suo territorio, la sua gente, ha un grande compito: veicolare il cambiamento e istruire.

C’è un critico d’arte spagnolo che diceva “l’arte cambia quando cambia la vita”.

Agli artisti è affidata oggi una grande responsabilità: quella di operare in direzione di uno straordinario rinnovamento culturale come è sempre avvenuto nel corso dei secoli quando le battaglie diventavano cruente, riscattando i popoli e liberandoli da qualsiasi forma di oppressione.

RiScatti vuole operare proprio in questa direzione. Produrre un riscatto che liberi la nostra terra oppressa da scelte politiche e sociali sbagliate attraverso la creatività, i colori, linguaggi diversi e articolati, passando per esperienze spaziali, tensioni, divagazioni e paesaggi a volte riconoscibili, a volte surreali, sempre al limite tra ironia e poesia.

Le opere rappresentate in mostra manifestano diversità di sguardi, ‘opposti’ per dirla con le parole di Pasquale Chiurazzi, tra coloro che vivono la terra, come la fotografa Barbara Cirigliano, e quelli che invece la percepiscono. Una diversità che nasce da un comune denominatore: l’amore che smuove le coscienze. Il pennello, la reflex, diventano per gli artisti la spada da opporre al drammatico impoverimento che sta travolgendo la nostra Basilicata. Impoverimento di risorse umane e intelligenze costrette alla nuova emigrazione; impoverimento della nostra storia e della nostra identità regionale, impoverimento di risorse territoriali ed ambientali per il loro saccheggio e privatizzazione speculativa e per le responsabilità politiche di chi ci sta trasformando in una discarica più o meno autorizzata; impoverimento di modelli culturali e ideali e delle condizioni economiche e di possibilità di sviluppo autopropulsivo, di sistema e dell’uso corretto delle risorse pubbliche, povertà vera che si estende coinvolgendo le famiglie di imprenditori, lavoratori e disoccupati.

Ma la crisi può diventare anche il grande volano per cambiare, trasformando noi e il nostro approccio alla realtà, cooperando insieme alle organizzazioni del mondo agricolo e rurale, reclamando un modello agricolo e alimentare fondato sui principi della Sovranità Alimentare e ispirato a modelli di produzione e consumo del cibo ecologicamente sostenibili e socialmente giusti, basati su un’agricoltura non invasiva e su sistemi di trasformazione e distribuzione alternativi e fondato sulla gestione democratica e partecipata dei beni comuni (terra, acqua, aria, saperi tradizionali, sementi e bestiame), al fine di assicurare la vitalità delle aree rurali.

Oltre venti gli artisti in mostra: tra essi ci sono cileni, come Hector “Mono” Carrasco impegnato nel murale a partecipazione popolare, cubani e lucani impegnati in un viaggio che è prima di tutto mentale che non può prescindere da un’innata curiosità e volontà di conoscenza che ciascuno riflette nelle sequenze ritmiche del proprio lavoro. Artisti che ogni giorno riproducono senza stancarsi mai, in maniera irripetibile, le bellezze della Terra manifestandole il loro amore incondizionato e il loro senso di appartenenza a quella grande Madre dalla quale tutto ha origine, che ci nutre e ci accoglie.

L’arte in difesa della nostra amata Terra passa per il ruggito di chi non ha paura di sognare il mondo che vorremo!

a cura di Katya Madio

Si ringrazia:

Antonio Baiano, Hector ‘Mono’ Carrasco, Barbara Cirigliano, Alessandro Cola, Pasquale Chiurazzi, Daniela Dian, Lobartolo, Humberto Mayol, Lucia Perrotta, Fausto Podavini, Denise Irma Guerra Ribas, Dina Scelzo, David Scerrati, Salvatore Santoro, Lisette Solorzano, Anna Russelli, Antonio Vitale, Carla Viparelli, Teri Volini.

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