Dopo la semina è il tempo del raccolto

Roma 27 marzo 2007
Assemblea congressuale del Foro Contadino Altragricoltura

Quello che segue è uno dei due documenti posti in discussione ed al voto dell’assemblea degli iscritti del FCA di Roma 27 marzo 2007.
Totò Incremona lo propose a nome dei partecipanti (iscritti al FCA) all’assemblea pubblica tenuta a Pompei il 27/28 gennaio 2007 

Il documento fu votato da 124 presenti contro una mozione che raccolse 6 voti da parte di sei iscritti che (dopo aver contestato la votazione) abbandonarono il Foro Contadino Altragricoltura

(tutti i documenti alla pagina https://altragricoltura.net/forocontadino)

 

DOPO LA SEMINA E’ IL TEMPO DEL RACCOLTO: L’AUTONOMIA DEL MOVIMENTO PER LA SOVRANITA’ ALIMENTARE PER CONQUISTARE IL DIRITTO CONTADINO A PRODURRE E DEI CITTADINI AL CIBO

Documento/mozione proposto all’assemblea nazionale del FCA del 27 marzo 2007 da parte degli iscritti partecipanti all’assemblea pubblica di Pompei del 27/28 gennaio 2007
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E’ cresciuta in questi anni nella società la consapevolezza di quanto sia fallito il modello industrialista e produttivista di produzione e consumo del cibo.

Fenomeni oggettivi hanno spinto larghe fasce sociali, se non a comprendere pienamente cosa c’è dietro le politiche aggressive condotte da multinazionali e lobbyes finanziarie e politiche, almeno ad assumere un atteggiamento critico e di attenzione come non era mai accaduto prima; fra gli altri vale solo la pena di ricordare:

– le crisi di sicurezza alimentare (vino al metanolo, mucca pazza, polli alla diossina, ecc..),

– il fenomeno sempre più macroscopico dell’aumento dei prezzi per i consumatori ed, insieme, del crollo dei prezzi alla produzione,

– l’aumento della povertà e della fame nel mondo mentre aumenta la quantità di cibo prodotto,

– i disastri ambientali ed ecologici che, anche per colpa di modelli agricoli devastanti e improntati solo alla logica del massimo profitto e del massimo sfruttamento, mettono in discussione l’equilibrio costruito in milioni di anni fra l’umanità e il pianeta.

In questa clima di crescita di una nuova attenzione, si è sviluppato un movimento diffuso articolato, plurale che ha criticato in maniera “militante” questi processi ed ha cercato diverse strade per trovare le alternative al modello dominante agroalimentare che cercava di imporre la dittatura del “cibo unico”.

Un movimento fatto di “pratiche sociali”, mobilitazioni, campagne cui in molti hanno militato (e ancora lo fanno) esprimendo approcci e tentativi di ricerca diversi ma tutti tenuti insieme dalla critica comune e dalla ricerche delle alternative

A partire dalle giornate di Genova del 2001 (e nel lungo lavoro di preparazione), in questo vasto e plurale movimento, si è sviluppato un processo ed una fase nuova: quella del movimento contadino e cittadino per la Sovranità Alimentare. A Piazza Rossetti, nel cuore della mobilitazione contro la globalizzazione neoliberista, contadini e consumatori di tutt’Italia si ritrovavano insieme provenendo da percorsi diversissimi per lavorare insieme; essi ponevano a base del loro nuovo agire comune:

– la necessità di unirsi come contadini superando le divisioni territoriali, di settore e le mille frammentazioni in cui la “sconfitta dei decenni precedenti ci aveva ricacciati”

– la straordinaria opportunità di partecipare alla battaglia per riconquistare la dignità del lavoro insieme a tutti gli altri contadini che nel mondo lo stavano già facendo unendosi in Via Campesina (sempre più riconosciuta in tutto il mondo come il luogo unitario in cui i contadini si organizzano per conquistare i loro diritti)

– la scelta di essere parte di quel grande movimento contro la globalizzazione neoliberista che, con le giornate di Genova nel 2001, si avviava a diventare il luogo comune in cui tanti altri attori sociali sviluppavano la critica e le mobilitazioni contro quella stessa globalizzazione dei mercati che colpiva duramente i contadini

– la scelta di darci “un forum” come luogo dove confrontare le nostre differenze e le nostre aspirazioni; il forum perché ognuno potesse riprendere la parola dopo esserne stato espropriato per tanto tempo dal delirio di “lavorare per la competizione sul mercato”, un forum in cui ognuno continuava a mantenere le proprie appartenenze di provenienza (sindacati, partiti, associazioni nazionali o territoriali, collettivi, ecc..) ma insieme agli altri verificava e sperimentava nuove forme di unità possibile

– la consapevolezza che avevamo bisogno di costruire insieme l’unità fra le pratiche dell’economia aziendale e dell’economia degli scambi (produrre il cibo, lavorare la terra, vendere e comprare i prodotti, produrre economia, consumare il cibo, usare il territorio e la terra, ecc..) con quelle della politica, riappropriandoci della nostra autonomia sociale e culturale e producendo noi direttamente “la politica” necessaria a cambiare le cose visto il fallimento generale della politica (dei partiti e delle organizzazioni sindacali e professionali) che, generalmente, assumeva come unico orizzonte dominante quello della competizione selvaggia e l’inevitabilità della morte delle aziende agricole.

Fin da subito la Sovranità Alimentare è apparsa come il collante per la nuova unità e la leva per aprire nuovi rapporti di forza nella società a nostro vantaggio. La Sovranità Alimentare è, in definitiva, l’alternativa alla logica dominante del produttivismo e del dominio delle multinazionali, di un cibo prodotto ovunque costi il meno possibile e possa essere venduto ovunque il lucro sia maggiore, sacrificando e sfruttando lavoro, territorio, biodiversità, culture, autonomie sociali, ecc.. La Sovranità Alimentare è, al contrario:

– il diritto di tutti i popoli di decidere il proprio modello di produzione, distribuzione e consumo degli alimenti

– il diritto contadino a produrre (al reddito ed a scegliere cosa e come produrre)

– il diritto cittadino al cibo (sicuro, di qualità ed a prezzi socialmente sostenibili)

– la responsabilità sociale del lavorare la terra e del consumare il cibo

In questo senso la Sovranità Alimentare parla a tutta la società e con questo spirito abbiamo prodotto in questi anni un grande lavoro perché fosse assunta dall’opinione pubblica generale.

Possiamo dire che, questo, è un obiettivo colto anche se molto è ancora da fare. L’opinione pubblica generale, riconosce la Sovranità Alimentare, molte organizzazioni la assumono esplicitamente (persino programmi elettorali di partiti e coalizioni), nelle campagne e fra i contadini si diffonde la proposta e le piattaforme che ne derivano.
Come sempre, quando i movimenti producono egemonia culturale, si manifesta, semmai, il rischio che la proposta contadina della Sovranità Alimentare, possa essere strumentalizzata, svuotata di senso e, dunque, depotenziata del potenziale di efficacia che essa contiene per diventare una “innocua parola d’ordine inefficace”.

Eppure, mentre cresceva il movimento generale la condizione dei contadini, dei braccianti e dei consumatori peggiorava sempre di più. Siamo, ormai, alla chiusura di circa 50 aziende agricole al giorno in Italia, i prezzi alla produzione diminuiscono, quelli al consumo aumentano. Davanti a noi c’è una grande contraddizione: da una parte cresce la consapevolezza, dall’altra chiudono le aziende sepolte da una valanga di debiti.

Si compie, sotto i nostri ochhi, il disegno che per primi abbiamo denunciato in questi anni: quello di trasformare l’Europa in un grande mercato di consumi agroalimentari senza il lavoro contadino. Uno scenario europeo nuovo in cui all’Italia è assegnato un compito specifico e terribile: quello di essere una grande piattaforma commerciale che “esporta prodotti made in Italy” (con i marchi del made in Italy in mano a lobbyes multinazionali nemmeno più italiane) ma lavora materie prime prodotte altrove (in particolare dai paesi extraeuropei del mediterraneo o nelle nuove aziende industriali nei paesi dell’Est Europa). In quei paesi si afferma il dominio incontrastato delle multinazionali, si sfrutta il lavoro contadino, si ricostruisce il latifondo con le terre “comprate da investitori e speculatori stranieri” (spesso italiani), si riducono quelle economie alla dipendenza commerciale con l’Europa producendo nuove povertà.
Così, pure, dopo aver prodotto guasti profondissimi con il disaccoppiamento (prepensionamento anticipato dei contadini) sui seminativi, l’Europa si appresta a produrre nuove devastazioni con le riforme dell’OCM Vino e Ortofrutta. Processi che non hanno nulla di inevitabile e naturale ma sono il frutto delle scelte politiche dei nostri governi nazionali e locali. Scelte concertate ed avvallate dal quadro generale della politica dei partiti e delle istituzioni (con poche, rare ma importanti eccezioni di quanti assumono l’orizzonte del cambiamento al dominio del mercato) e della gran parte delle organizzazioni sindacali e professionali che assumono “in maniera costitutiva” la competizione sul mercato come indiscutibile. La chiusura delle nostre aziende agricole, se non cambiano le politiche economiche e sociali che guidano questi processi, è inevitabile.

Dopo aver conquistato l’attenzione della società con la proposta dellaSovranità Alimentare è venuto il momento di condurre e vincere esplicitamente la battaglia per la sopravvivenza del lavoro contadino e del nostro patrimonio agricolo. Per farlo occorre assumere la responsabilità, come contadini e militanti dei movimenti per la Sovranità Alimentare, di fissare obiettivi chiari, senza equivoci e di organizzarsi per conquistarli con una nuova stagione di lotte e di pratiche produttive, economiche e sociali.

Primo obiettivo da porre esplicitamente è quello di difendere anche l’ultima delle aziende agricole e l’ultimo dei lavoratori della terra in Italia. Anzi, contro quanti continuano a dire, a destra come a sinistra, “parliamoci chiaro: il 40% delle aziende nei prossimi anni dovrà chiudere” dovremo gridare con forza che il numero delle aziende agricole dovrà aumentare, perché vogliamo campagne vive con uomini e donne al lavoro e perché il nostro territorio chiede che per essere conservato e tutelato va gestito lavorando e producendo. Abbiamo imparato che è possibile: le vertenze che abbiamo saputo aprire in questi anni hanno prodotto consenso ed, in alcuni casi, risultati.

Difendere, dunque, anche l’ultima azienda e l’ultimo lavoratore perché la chiusura di ogni azienda e la perdita di ogni posto di lavoro annuncia altre chiusure e prepara il modello del cibo italiano senza lavoro. Certo: difesa di tutti mentre a tutti va chiesto un forte segno di discontinuità con il passato: produrre (come consumare) deve essere gesto di responsabilità sociale, dunque dobbiamo uscire dai
modelli devastanti che ci hanno imposto fin qui puntando con decisione verso modelli di produzione agroecologici, rispettosi dei valori ambientali, della biodiversità, del lavoro e dei suoi diritti, dei valori culturali inclusi nei prodotti.

La battaglia da vincere, insomma, è quella per cui i cittadini rivendichino con forza che le loro campagne siano gestite dai contadini e il loro cibo sia prodotto nelle loro campagne; questo pretende che il movimento compia con loro una saldatura forte assumendo responsabilità sociale e dando valore al fondamento costituente dei principi della Sovranità Alimentare (come diritto contadino a produrre e diritto cittadino al cibo).

Raggiungere questi obiettivi è possibile se ci organizziamo e sepassiamo ad una fase nuova. Per noi la fase del Forum (come eterno spazio di discussione e di confronto ma non di organizzazione) è “politicamente” concluso. Abbiamo conquistato importanti obiettivi ed a quegli obiettivi la dinamica del forum (in cui ci si confronta ma in cui, poi, ognuno torna a “fare le proprie cose” altrove) è stato il passaggio utile, intelligente e straordinario. Adesso, di fronte ad un attacco così pesante e dopo aver verificato unità di intenti e convergenze, è necessario passare a mettere in campo strumenti e percorsi organizzati non più rinviabili. In definitiva si tratta di dare vita all’organizzazione per sostenere le nostre aspirazioni.

Non sappiamo oggi cosa e come sarà l’organizzazione, non abbiamo alcuna fretta di produrre operazioni minoritarie a tavolino, ma sappiamo che abbiamo bisogno di un’organizzazione. Del resto in tutto il mondo i soggetti contadini (movimenti, sindacati, nazionali o territoriali che siano) che si battono per la Sovranità Alimentare nel percorso di Via Campesina, sono fortemente autonomi, organizzati e alternativi a quelli che, invece, decidono di gestire l’omologazione delle aziende alla competizione sul mercato.

Sappiamo anche che l’organizzazione dovrà avere alcune caratteristiche di fondo:

– essere autonoma da soggetti esterni (partiti, associazioni o altro)

– essere il luogo in cui si incontrano i contadini (ovvero tutti coloro che vivono del lavoro della terra) e i cittadini chescelgono di lavorare per un’altra agricoltura

– vedere il protagonismo ed il controllo diretto dei contadini

– avere alla base la Sovranità Alimentare come piattaforma politica ed orizzonte ideale

– essere su base democratica ed inclusiva

– essere costruita su modelli orizzontali e non verticistici, coltivando e valorizzando le autonomie locali e settoriali come patrimonio fondante (al modello del cibo unico abbiamo da opporre la diversità e la molteplicità dei tanti modelli agroalimentari possibili)

– essere capace di legare insieme la politica e le pratiche sociali e di economia etica che ispirano le nostre aziende e le pratiche di un consumo critico e consapevole

– essere capace di produrre strumenti efficaci e agevoli di autorganizzazione che ci permettano di difendere le aziende e i consumatori e sostenere i nostri progetti

– essere capace di diventare il luogo in cui stimoliamo e rilanciamo le lotte, le mobilitazioni e le pratiche

– essere aperto a tutti i contadini e i cittadini con l’obiettivo di definirsi come “casa larga e comune”, luogo di massa capace rappresentare una grande forza sociale, rifiutando qualsiasi logica e scorciatoia minoritaria e di frammentazione

La montagna della Sovranità Alimentare non può partorire il topolino di una sigletta sindacale che legittima un nuovo ceto tecnocrate. Ne siamo profondamente convinti: per questo crediamo che l’organizzazione di cui abbiamo bisogno dovrà essere il frutto di un processo unitario largo che coinvolga quanti si muovono nel campo della ricerca dell’alternativa. Oggi, dunque, chiediamo al movimento tutto (organizzato nelle sigle nazionali, locali o impegnato nelle pratiche individuali o di gruppo spontaneo) di aprire una discussione dandosi i luoghi di confronto per farlo; noi siamo pronti a riconoscere quel luogo di confronto come vincolante e vi contribuiremo con lealtà e
impegno.

Per dare avvio a questo processo, il FCA, si impegna:

1) AD OPERARE PER APRIRE UNA FASE DI CONFRONTO CON QUANTI VORRANNO RENDERSI DISPONIBILI IN ITALIA AL CONFRONTO PER FAR VALERE LA SOVRANITA’ ALIMENTARE ORA!
In particolare, al fine di realizzare le migliori condizioni possibili per un confronto non astratto ma finalizzato all’iniziativa,si impegna a promuovere (così come già definite negli obiettivi dell’assemblea nazionale del FCA tenuta a Pompei nel 2006):
a) una proposta di legge di iniziativa popolare sulla sovranità alimentare;
b) la Marciacontadina 2007;
c) un’assemblea nazionale di quanti si saranno coinvolti nel percorso per verificare le condizioni per dare vita a forme organizzative più avanzate;

2) A DOTARSI FIN D’ORA SI STRUMENTI NECESSARI A REALIZZARE QUESTI OBIETTIVI ED, IN PARTICOLARE:
a) la trasformazione dello Statuto del FCA nella direzione del superamento di un assemblearismo ideologico che non favorisce lapartecipazione democratica di tutti e consente l’accentramento di fatto verso forme che, al contrario, garantiscano la partecipazione contadina e di tutti gli iscritti, limitino i rischi del leaderismo, e permettono strumenti efficaci per realizzare gli obiettivi di difesa degli interessi dei produttori e dei consumatori in nome della sovranità alimentare
b) la costituzione di uno strumento efficace capace di garantire la tutela dei diritti (SOCCORSO CONTADINO) favorendo e sostenendo le vertenze territoriali e settoriali e costituendosi in rete nazionale
c) dando vita al circuito delle feste e dei mercati di Altragricoltura come luogo delle pratiche e delle iniziative per promuovere l’economia etica che favorisce la Sovranità Alimentare
d) ponendo particolare cura nella realizzazione di strumenti per la comunicazione e la formazione all’interno ed all’esterno del movimento (base fondamentale perchè il possesso dell’informazione circoli e sui temi oggetto delle iniziative del movimento vengano offerti ai militanti gli elementi indispensabili per un coinvolgimento effettivo nei processi collettivi)
e) la costituzione di strumenti operativi e di pratiche e metodi di gestione capaci di sostenere con l’autononia economica l’autonomia politica del movimento (a tal fine si adottano le indicazioni votate dall’assemblea del FCA di Firenze in ordine alla gestione economica, al ripianamento della situazione debitoria pregressa e si investe gli organismi dirigenti della realizzazione di un’associazione denominata “Amici dei Contadini” come strumento operativo di sostegno finanziario e politico del movimento)

Riaffermiamo, ancora una volta, il nostro impegno al confronto con tutti per costruire il percorso comune verso l’organizzazione contadina italiana per la Sovranità Alimentare. Questo luogo dovrà essere alternativo a quelli che continuano a perseguire le scelte della competizione di mercato rendendosi complici della chiusura delle aziende ma è, già ora, intimamente connesso con tanti singoli e organizzati, che si muovono nella ricerca dell’alternativa. Di tutti costoro noi siamo parte e ci consideriamo naturali alleati nel confronto e nell’azione quotidiana ed a loro ci rivolgeremo nei prossimi giorni perché la Marcia Contadina 2007 e la proposta di Legge sulla Sovranità Alimentare, possano essere il luogo naturale in cui,
dentro il percorso attivo dell’iniziativa, possa avviarsi il confronto.

Siamo, dunque, pronti a rimettere in discussione gli strumenti che oggi ci diamo in qualsiasi momento il confronto dovesse indicare nuove e più condivise unità. Nel frattempo li apriamo alla partecipazione autonoma ed al contributo di chiunque voglia confrontarsi sulle proposte e nelle pratiche.

L’unità più urgente da conseguire è quella che rilancia, da subito, le nostre mobilitazioni e le nostre pratiche. In particolare dovremo
saper contrastare i disegni fortemente negativi che vengono avanti nell’avvio di discussione in sede comunitaria dell’OCM Vino e in quella Ortofrutta puntando a suscitare una forte mobilitazione di produttori e consumatori per difendere questi due comparti strategici per l’economia, la condizione sociale e la cultura del nostro Paese.
Così, pure, nostra priorità sarà l’iniziativa contro i disegni di aprire agli OGM o, attraverso le proposte sugli agrocarburanti, di porre nuove minacce all’ambiente ed al diritto contadino a produrre cibo.

Infine, rilanciamo il nostro impegno a costruire l’alleanza con i movimenti contadini e i movimenti sociali che in tutto il mondo si battono per la Sovranità Alimentare, il neoliberismo e la guerra. A tal fine impegnamo gli organismi dirigenti eletti in assemblea a rinsaldare i rapporti con Via Campesina e la CPE ed a lavorare per lacostituzione di un gruppo di lavoro del movimento sulle questioni internazionali.

AVANTI NELL’UNITA’: PER IL MOVIMENTO CONTADINO E’ IL TEMPO DEL RACCOLTO

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