Ovvero: come distrarre l’opinione pubblica e mettere le mani sul malloppo
editoriale di Gianni Fabbris per “VociperlaTerra” del 26/5/21
L’ottimo editoriale del Prof. Paolo Guarnaccia pubblicato ieri da VociperlaTerra in risposta alla senatrice Elena Cattaneo che nel dibattito in aula sulla legge per il biologico aveva (per l’ennesima volta) attaccato il biodinamico per attaccare tutta l’agricoltura bio, in realtà, mi permette di guardare oltre la cortina fumogena di polemiche pretestuose sollevate.
Prima, però, di guardare oltre lo stupidario con cui il mainstream dell’informazione si è tuffata nella trappola costruita dalla provocazione della Senatrice, vale la pena di proporre due sottolineature. La senatrice ha infilato una serie di luoghi comuni sul biodinamico assolutamente “antiscientifici” e caricaturali che le sono serviti per coltivare la campagna contro tutto il biologico in cui è impegnata da tempo in nome di una idea dell’agricoltura separata dalla responsabilità di chi produce, dalle sue scelte originali, dalle motivazioni culturali che condizionano le soluzioni tecniche per diventare un reparto all’aperto della produzione industriale e del business speculativo.
La senatrice Elena Cattaneo negli ultimi anni, insieme ad un manipolo di irriducibili scienziati e ricercatori che si arrogano il diritto di parlare a nome di “purezze e certezze scientifiche oggettive”, nella sua crociata frontale contro l’agricoltura biologica, è arrivata ad usare argomenti per cui “i campi coltivati a biologico possono inquinare il terreno con un metallo pesante più tossico del glifosato”. Già! Peccato che la sua voce non si sia mai levata contro il glifosato, nonostante che tanti studi scientifici ormai dimostrino quanto quelle sostanze siano dannose e che, quando ne ha avuto l’occasione, non si è mai espressa in aula con il voto a tutela della salute e dei cittadini (quali interessi avrebbe colpito?)
La verità è che la Senatrice è portatrice di un approccio della ricerca scientifica che non valuta come variabile necessaria quella di “ricercare le ragioni” socialmente condivise della salute e del benessere dei viventi e considera la ricerca e il processo della conoscenza come separato dalle condizioni “politiche, culturali e ambientali”. O, forse e più prosaicamente, considera “scientifiche” le pratiche di chi produce in laboratorio le molecole di sintesi alimentando e alimentandosi in un grande giro di business speculativo e considera “antiscientifici” gli approcci agroecologici alla terra fondati sui cicli rigenarativi che valorizzano i processi naturali come sono quelli del biologico e del biodinamico.
Al di là delle considerazioni “terra terra” di quanto sia interessata una scelta di questo tipo (certo la Bayer e la Monsanto pagano bene e meglio una ricerca e una scienza compiacenti di quanto non possano fare contadini dalle cui pratiche spesso c’è più da apprendere che insegnare) appare evidente l’approccio ideologico e strumentale di chi, invece di fare i conti con quel tanto di saperi e culture che vengono dalle pratiche agroecologiche, tende a dipingere gli avversari in modo caricaturale e strumentale. La Senatrice Cattaneo lo fa da tempo, conduce crociate ideologiche e pretestuose ( il contrario dell’approccio scientifico di cui pretende di essere portatrice) e non c’è alcuna novità in questo; fa specie, piuttosto che l’informazione nazionale sia caduta nella trappola contribuendo a sollevare un polverone insensato.
Un polverone dentro cui si perde la discussione del merito di una legge importante che attendevamo da tempo (quella di un settore in crescita sempre più premiato dalla saggezza dei cittadini che chiedono il cambiamento sociale sul cibo).
Andiamo oltre lo stupidario e il polverone e proviamo a guardarci dentro.
Per farlo io inizierò non dalle tante cose interessanti e positive che sono annunciate e su cui pure dovremo discutere ma partirò da un rischio gravissimo che vi è contenuto. Una certezza se non cambieranno in fase di approvazione definitiva alcuni elementi decisivi e strategici.
Il dispositivo normativo, in particolare con l’articolo 14, istituendo il soggetto unico che orienterà le scelte, regala il controllo sul Bio all’Organizzazione Professionale che “pesi” almeno il 30% degli iscritti nel settore e “taglia fuori” dal pesare il resto (il 70%) del settore. Un vero regalo alla Coldiretti, un colpo di mano non solo contrario agli interessi dei singoli ma, anche, allo spirito del biologico che si fonda sull’idea della diversificazione, della pluralità delle scelte, dell’articolazione delle esperienze. Un controllo assunto con poco sforzo (nemmeno la fatica di raggiungere il 50 più uno per cento) ma che vale molto: potere e tanti soldi quanto è la mole di finanziamenti che arriverà nei prossimi anni.
Non basta! Inopinatamente, sempre nel dispositivo della norma, le Organizzazioni Professionali che compongono il tavolo tecnico da 5 passano a 4. Leggete bene: non è che passano da 200 a 4 (in modo da rispondere magari a esigenze di risparmio e ottimazione); no, passano da 5 a 4! Vuoi vedere che questo è un bel modo di togliersi dalle scatole qualche voce critica? Vuoi vedere che, così, rimangono a “concertare” tecnicamente solo CIA, Coldiretti, Confagricoltura e COPAGRI (la quadruplice che ormai gestisce e spartisce tutta la torta e che non ammette di avere il fastidio di testimoni non compiacenti al tavolo della spartizione?).
Non vi confondete: non c’è contraddizione fra la gestione monopolistica di uno (la Coldiretti) e il tavolo tecnico di quattro (la Quadruplice). E’ il metodo riconosciuto in questi anni di lunghe consuetudini nell’uso della gestione concertata dell’agricoltura italiana; la spartizione ha comunque le regole: ad ognuno il suo. Poco magari … ma comunque il suo, come si conviene fra uomini d’onore.
Se questi due passaggi sopra indicati sono gravissimi perché chiamano direttamente in causa la democrazia, la libertà, la trasparenza, (chissà se i parlamentari mi leggeranno) vi è un altro aspetto inquietante di cui non posso farmi capace anche se è l’inevitabile epilogo della deriva che sta portando le Organizzazioni Professionali agricole a convertirsi in centrali di affari e lobbies commerciali.
Leggete: “Le associazioni di categoria maggiormente rappresentative a livello nazionale … possono stipulare, in rappresentanza delle imprese che hanno loro conferito apposito mandato, accordi quadro …… aventi ad oggetto la disciplina dei contratti di cessione dei prodotti ottenuti con il metodo biologico …. prevedendo a favore dei produttori un corrispettivo pari almeno ai costi medi di produzione“.
Bontà loro, faranno contratti commerciali ma “prevedendo a favore dei produttori un corrispettivo pari almeno ai costi medi di produzione“. Pensate il parlamentare che avrà preteso l’aggiunta di quelle poche parole. Si sarà detto soddisfatto: “Diamine! A tutto c’è un limite!”.
Siamo alla formalizzazione del processo: le Organizzazioni Professionali non sono più sindacati che rappresentano i propri iscritti ma loro agenti commerciali. L’anticamera della ufficializzazione della fine di qualsiasi velleità di “riformare” quei carrozzoni che sono diventate le Organizzazioni Agricole e un motivo in più per Rifondare la Rappresentanza.
Avete capito cosa c’è dietro il polverone? Avete capito che mentre il mainstream della stampa amplifica le sciocchezze della senatrice Cattaneo sulle corna, i “saccheggiatori del Bio” si preparano all’arrembaggio nell’apparente disinteresse dei cornuti?
Altragricoltura ha annunciato la proposta di un incontro, un appello alla società civile, al mondo del bio (in gran parte estraneo), agli eletti in parlamento … vedremo se riusciremo ad accendere la luce e ad illuminare la scena.
Vedremo se ne saremo capaci e se il mondo del bio e la società che lo sostiene avrà il coraggio di uno scatto di dignità