Campania, primo giorno di sciopero. Intervista a Pasquale D’Agostino

Intervista di Pasquale Corvino da Casal di Principe
19.10.23

“Hanno massacrato animali sani facendo chiudere oltre 300 aziende e impoverito il territorio. Questo piano di eradicazione della brucella non sta funzionando. Anzi, sta solo facendo danni enormi. E pensare che lo avevamo detto con tanto di analisi e numeri, ma non ci hanno mai voluto ascoltare. Sono troppo impegnati a curare i loro particolari interessi”

A parlare così, con sarcasmo e amarezza, è Pasquale D’Agostino, 58 anni, di Grazzanise, allevatore di terza generazione. Aveva 7 anni quando con il padre cominciò a correre per i campi insieme alle mucche, prima, ed alle bufale, dopo.

Una vita ad allevare animali e a selezionare i migliori per creare una linea genetica unica. Tra un ricordo e l’altro D’Agostino continua il suo doloroso racconto: “Ad ottobre del 2020 iniziò il calvario. Vennero i veterinari in azienda e cominciarono a testare le bufale. A aprile 2021 la mia stalla rimase vuota. Tutte le 130 bufale che animavano i capannoni erano state inviate al macello. Alcuni mesi dopo mi diedero il ristoro, ma con quei soldi a stento sarei riuscito ad acquistare una cinquantina di animali. Rinunciai al ripopolamento. Ero già un’azienda classificabile come medio-piccola. Con la metà delle bufale non sarei riuscito a fare un investimento sostenibile”.

D’Agostino, perché ha rinunciato al suo lavoro di allevatore di bufale? È solo una questione economica?

Le ripeto, con la metà del parco animali avrei fatto veramente fatica a sostenere tutti i costi dell’azienda. Ma poi ci sono almeno altre due considerazioni da fare. La prima riguarda l’allevamento in quanto tale. Per selezionare gli animali ci voglio decine di anni e ricominciare da zero non solo non è facile, ma è proibitivo quando entra in scena la seconda ragione: l’incertezza! Diverse aziende prima di arrendersi definitivamente hanno subito due e perfino tre abbattimenti totali. Sulla scorta di queste drammatiche testimonianze la voglia di investire passa immediatamente. Si fanno sacrifici enormi e poi? poi un test dubbio e di dubbia affidabilità distrugge anni di lavoro, fiacca la volontà, annienta la speranza. E come d’incanto un’altra azienda non c’è più. Ma forse è proprio questo il piano recondito, con detto, del piano di eradicazione: eradicare totalmente la bufala dalla Terra dei Mazzoni.

Ma allora, se vede il futuro così fosco, perché fa lo sciopero della fame? Che senso ha questa protesta tanto estrema?

Quando iniziammo la battaglia, la vertenza della filiera bufalina, ormai due anni e mezzo fa, pensavamo che era il solito tira e molla. Un po di trattori per strada, un poco di ammuina e avrebbero acconsentito alla vaccinazione di massa delle bufale, cioè la cosa più sensata e logica da fare. Scelta che in passato aveva dato i suoi frutti. Non lo diciamo noi, ma l’esperienza e la scienza, quella scienza a cui tutti si appellano e che in questo caso nessuno degli attori decisionali ha voluto considerare. Fatto sta che più noi protestavamo e chiedevamo di correggere il piano che si vedeva chiaramente quanto fosse inefficace e dannoso, tanto più chi avrebbe potuto agire con coscienza ha insistito e addirittura rilanciato la pratica degli abbattimenti. La conseguenza di tanta protervia è che la brucella non è stata eradicata, la stragrande maggioranza degli animali abbattuti è risultata sana agli esami post mortem (lo dicono i dati ufficiali, non noi) 300 e più aziende sono sparite dal ciclo produttivo e l’economia complessiva del territorio ha subito un grosso danno. E tutto ciò a chi e a cosa ha portato giovamento? Non certo alle bufale e ai loro allevatori.

Questo che io comincio oggi è il quarto sciopero della fame in due anni. Dopo aver portato le nostre ragioni fino Bruxelles e dopo aver constatato quanto sia folle continuare sulla linea degli abbattimenti chiediamo al Governo Meloni, che si era anche impegnato in questo senso, di nominare un Commissario Nazionale per la brucellosi e la tbc con lo scopo dichiarato di unificare la problematica comune a tutte le regioni meridionali non indenni da brc e tbc e decidere una linea di azione capace, questa volta si, di eradicare la brucellosi salvando bufale, allevatori ed economie dei territori interessati e contemporaneamente spazzando via tutti i particolarismi che in questi anni si sono consolidati sul sistema degli abbattimenti indiscriminati di massa.

Oltre la pura protesta, D’Agostino, qual’è il messaggio che vuole lanciare?

In questi due anni e mezzo di lotte, spesso aspre e non senza conseguenze anche personali (mi riferisco alle denunce per blocchi stradali, alle visite dall’aria intimidatoria nelle aziende, fino ai tanti tentativi di spaccare il movimento Salviamo le Bufale) tutti noi abbiamo capito che dobbiamo essere uniti e perseguire l’obiettivo con costanza. L’obiettivo è salvare le bufale e salvare le nostre aziende, il nostro lavoro, i nostri sacrifici, il nostro futuro. Ma c’è di più: non riusciremo a salvare le nostre bufale se non puntiamo a salvare il futuro economico dei nostri territori. La nostra non è la nostra lotta, non è solo la lotta degli allevatori, è la lotta per il futuro possibile di questi nostri territori già martoriati per tante crudeli circostanze. Per questa ragione in questi anni abbiamo coinvolto amministratori locali, associazioni della società civile, sindacati, mondo della cooperazione sociale, chiedendo sostegno alla causa e coinvolgimento in un progetto di rilancio economico e culturale dell’intera provincia di Caserta. Ma oggi si aggiunge un nuovo elemento che allarga ulteriormente la vertenza e l’orizzonte politico verso cui ci rivolgiamo: l’entrata nella vertenza complessiva di tutto il sud anche degli allevatori siciliani che oggi, con l’amico Sebastiano Lombardo, che inizia lo sciopero della fame in contemporanea con noi di Caserta, intendono arricchire la piattaforma di lotta con le loro istanze e le loro problematiche che sono le stesse che viviamo qui. Insieme iniziamo questa protesta estrema e insieme chiediamo la nomina del Commissario Nazionale chiamando alla responsabilità il Governo Meloni. Fare fronte comune, allevatori e territori, darà nuova linfa alle nostre proposte di rilancio del settore e di sviluppo economico per le nostre terre.

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