L’Inganno Legale dell’Olio: Come il “Made in Italy” Schiaccia l’Agricoltore
Nei primi mesi del 2025, l’Italia ha registrato importazioni di olio d’oliva senza precedenti: oltre 252 mila tonnellate arrivate nel nostro Paese, di cui quasi 194 mila di extravergine. Un aumento del 66% in volume rispetto all’anno precedente. Eppure, a fronte di questa crescita, il valore medio d’acquisto è crollato del 13%. Compriamo molto di più e lo paghiamo sempre meno.
Gran parte di quest’olio arriva da Paesi come la Tunisia, dove i prezzi all’origine sono precipitati a livelli mai visti — da 4,2 euro a 2,8 euro al chilo in poche settimane. L’Italia ha acquistato il 51% dell’olio biologico esportato da quel Paese. Lo abbiamo acquistato sfuso, lo abbiamo imbottigliato qui. Ciò solleva l’interrogativo: in quale misura il confezionamento nei nostri stabilimenti, pur rispettando le norme vigenti, può giustificare l’associazione del prodotto finale con l’identità e la percezione del “Made in Italy”?
La Radice del Problema: La Tracciabilità Asimmetrica
Dietro questa dinamica si nasconde la radice del problema: una tracciabilità asimmetrica. L’olivicoltore italiano è sottoposto a un rigido sistema di monitoraggio: deve registrare ogni litro prodotto, ogni movimento, sottostare a controlli, registri digitali e rendicontazioni continue.
Tuttavia, quando l’olio sfuso importato entra nei nostri porti, il sistema di controllo sulla sua successiva destinazione e lavorazione in Italia è meno trasparente e accessibile al pubblico. Pur esistendo controlli amministrativi e doganali, si osserva che non è disponibile un registro pubblico e facilmente consultabile che segua il percorso dell’olio importato fino allo scaffale. Questa lacuna di accessibilità alimenta la confusione sulla provenienza reale di ciò che i cittadini acquistano.
L’Inganno Legale in Etichetta e la Speculazione
La possibilità di questa distorsione si fonda sull’ambiguità formale della legge, che favorisce la speculazione.
Se da un lato le regole europee — come il Regolamento (UE) 2022/2104 — impongono l’indicazione obbligatoria dell’origine della materia prima (es. “Miscela di oli di oliva originari dell’Unione Europea e non originari dell’Unione”), dall’altro è lecito che l’olio imbottigliato in Italia riporti chiaramente il luogo di confezionamento nazionale.
È qui che avviene l’inganno visivo: l’informazione sull’origine estera (il dato “sconveniente”) viene spesso riportata in caratteri piccoli, in posizione marginale o in un linguaggio tecnico che non salta all’occhio. Al contrario, il richiamo allo stabilimento italiano e l’uso di simboli nazionali vengono enfatizzati, sfruttando la fiducia del consumatore nel “Made in Italy”.
Questo meccanismo legale-visivo permette all’olio di provenienza estera, acquistato a prezzi stracciati (come i 2,8 euro/kg dalla Tunisia), di essere miscelato e venduto nel mercato interno, schiacciando il piccolo produttore italiano che, con costi di produzione documentati e elevati, non può competere. È un gioco sporco, ma legale, che genera profitti per pochi grandi operatori.
Intanto, i prezzi al consumo non scendono. L’olio extravergine che paghiamo al supermercato non costa meno per un risparmio equo: costa meno perché qualcun altro, l’agricoltore, perde.
L’Urgenza della Trasparenza e della Giustizia
Questa dinamica di mercato penalizza il produttore italiano e getta un’ombra sulle condizioni dei lavoratori agricoli anche nei Paesi di origine, alimentando sistemi di triangolazioni e delocalizzazioni create dalle scelte della Politica Europea.
È ora che la politica, le istituzioni e i consumatori guardino in faccia la realtà: l’olio italiano non rischia di morire per mancanza di qualità, ma per eccesso di ipocrisia e di ambiguità normativa.
Gli agricoltori italiani non chiedono protezione, chiedono giustizia e parità di condizioni.
La soluzione risiede nell’applicazione di una Legge per la Trasparenza e la Tracciabilità:
* Tracciabilità Pubblica e Obbligatoria anche per l’olio importato, affinché il suo percorso sia noto a tutti.
* Obbligo di Indicare in Etichetta la Reale Provenienza delle olive con chiarezza e caratteri ben visibili, superando l’inganno ottico.
* Accessibilità ai Dati sui flussi d’importazione per i consumatori.
C’è bisogno di una profonda revisione e riforma delle relazioni del cibo nel rapporto domanda/offerta ma, intanto, possiamo concentrarci su un primo mattone nella costruzione del quadro nuovo: garantiamoci la verità sull’origine del nostro cibo, perché senza verità non c’è futuro per il Made in Italy.
Agli agricoltori spetta il compito di raccontare come stanno le cose davvero, ed ai cittadini spetta decidere se accontentarsi del racconto di un Made in Italy formale e bugiardo o se sapranno imporre il linguaggio della verità.
Altragricoltura Confederazione Sindacale per la Sovranità Alimentare






