Il 2009 è stato l’anno culminante di una serie di mobilitazioni nelle campagne italiane che si erano andate sviluppando nel corso dei precedenti 4 anni. Verso la fine dell’anno (fra il 12 e il 16 novembre 2009) una carovana di trattori diede vita alla Marcia contro la Crisi Agricola che parti dalla Sicilia (Caltanissetta), prendendone altri lungo il percorso in Basilicata e Abruzzo ed arrivò a Roma; dopo aver fatto una manifestazione con circa ottomila persone, si accampò per un mese alla periferia prima di tornare a manifestare il 5 dicembre una seconda volta chiedendo al Governo ed al Parlamento misure straordinarie contro la crisi.
La crisi da indebitamento delle aziende stava esplodendo e si dimostravano assolutamente inefficaci gli strumenti e le politiche con cui veniva affrontata, dilagava in tutto il Paese, ma soprattutto nelle aree dell’agricoltura una volta definita “forte” (fondamentalmente nelle aree di piana del Paese nel Sud particolarmente ma anche nel Nord), la sofferenza delle famiglie agricole raggiungeva livelli altissimi.
Una delle vertenze più significative fu quella condotta in Sardegna con epicentro a Decimoputzu contro la vendita all’asta di migliaia di aziende ortofrutticole (vertenza promossa e gestita da Altragricoltura e sostenuta dal Soccorso Contadino) che ebbe il merito non solo di raggiungere alcuni risultati concreti (il Parlamento italiano per la prima volta adottò un provvedimento di sospensione delle procedure esecutive contro le aziende agricole come chiedeva il movimento) ma, soprattutto, ottenne una buona risonanza sui media nazionali e persino internazionali conquistando pagine e servizi sul Financial Times, l’Indipendent, Le figarò, diversi giornali e riviste italiani fra cui la prima pagina del Corriere della Sera, molti e diversi servizi sui TG e sulle trasmissioni di approfondimento.
Decimoputzu (un paese rurale a 20 km da Cagliari nel pieno delle campagne del Campidano) diventò l’epicentro di molte relazioni e il punto di riferimento per molte realtà agricole in mobilitazione in diverse zone d’Italia. Lo sforzo iniziale di cinque agricoltori sardi che occuparono l’aula consigliare del comune e fecero un duro sciopero della fame, segnò una fase nuova delle mobilitazioni in Italia sia per obiettivi che per modalità e metodi.
Il metodo era quella della ricerca del consenso della società, dell’attenzione alla comunicazione, della cura dell’informazione e dei messaggi simbolici che potessero arrivare ai cittadini e costruire condivisione, del doppio piano della trattativa sindacale su obiettivi precisi e della mobilitazione sociale che puntava a riaprire un dibattito nel Paese su una questione (quella agrari) da troppo tempo declassata come minore e arretrata e lasciata agli specialismi tecnici spesso incomprensibili o a una comunicazione che celebrava sagre di paese e il folklore di un mondo inesistente.
La vertenza era nata l’anno prima della Marcia del 2009 attorno ad una vicenda che coinvolgeva oltre 5.000 aziende agricole sarde che avevano utilizzato i benefici di una legge regionale che nel 1988 aveva permesso la ristrutturazione dei debiti a particolari condizioni di favore. La legge ’44/88 non fu mai notificata dalla Regione Sardegna alla Commissione Europea (come avrebbe dovuto) e diversi anni dopo l’UE apri una procedura di infrazione e, avendola dichiarata contraria alle regole sugli aiuti di stato, impose alla Regione ed allo Stato di ritirarla chiedendo indietro i benefici (soldi) alle aziende che ne avevano beneficiato.
Dopo due mesi di iniziative la vertenza portò a casa un primo risultato per nulla semplice e scontato: nonostante che l’allora ministro all’Agricoltura (De Castro), il Presidente del Consiglio Prodi e il Presidente della Regione (Soru) non fossero d’accordo con le proposte del movimento riproponendo soluzioni concertate con le Banche, il Parlamento italiano adottò in sede di approvazione della legge di Bilancio una norma che (ex lege) imponeva la sospensione di tutte le procedure esecutive contro le aziende agricole sarde colpite dal provvedimento della legge regionale ’44/88 e stabiliva la nascita di una commissione per accertare la situazione e verificare le possibili soluzioni
Sul piano degli obiettivi la mobilitazione di Decimoputzu ebbe lo straordinario risultato di centrare il problema dell’indebitamento delle aziende agricole e delle famiglie rurali come il passaggio fondamentale per verificare la volontà della politica di dare risposte e di affrontare i problemi. Obiettivi che si trasformarono in piattaforme precise ed in una percorso con una strategia che fu proposta e discussa in diverse mobilitazioni di quei mesi.
Nel pieno di questa vertenza, Altragricoltura produsse un documento dal titolo “Perchè risolvere i problemi dell’Indebitamento per rilanciare le aziende agricole e difendere il Paese” che fu la base di molti incontri con gli agricoltori, le forze politiche e le istituzioni regionali e di governo e che diede vita ad una proposta precisa: quella di chiedere al Parlamento misure straordinarie contro l’indebitamento ed un piano per salvare le aziende agricole da concordare con l’UE anche con misure in deroga come, del resto, era stato fatto e si stava facendo con l’Alitalia.
Obiettivo che fu condiviso in molte realtà di base e che portò, grazie alle mobilitazioni in corso, ad ottenere che sei regioni italiane dichiararono lo “Stato di crisi socioeconomica della propria agricoltura” con delibere regionali che chiedevano al Governo Nazionale di aprire con Bruxelles una trattativa per interventi straordinari ed un piano urgente contro la chiusura delle aziende.
Nei mesi successivi le proteste si estesero e, riunificati gli obiettivi di movimento attorno alla richiesta principale di misure straordinarie contro la chiusura delle aziende agricole come prima fase di una ampia riforma che portasse al rilancio della funzione produttiva, ottenute le dichiarazioni di Stato di crisi adottate con le delibere regionali, si compì la Marcia contro la Crisi che “accompagnò” le delibere a Roma per sottolineare le richieste.
La Marcia dei trattori del 2009, ebbe l’obiettivo di sostenere la piattaforma del movimento e, simbolicamente, di “portare a Roma” le delibere di stato di crisi conquistate dal movimento nelle regioni ed aprì due mesi di iniziative che sostennero un tavolo di confronto con il Governo Nazionale ed in particolare con il Ministro Zaia. Alla fine, nonostante la forza che il movimento aveva dimostrato di saper esprimere, si infranse di fronte alla mancanza di organizzazione e di accordo unitario su come andare avanti, alle divisioni interne ed alla incapacità di dare sbocco alla mobilitazione.
Se l’obiettivo di riunificare il movimento nelle campagne era ancora immaturo, la Marcia contro la crisi del 2009 fu, comunque, una grande esperienza di socializzazione e di conoscenza fra agricoltori, realtà di base e movimenti che hanno permesso comunque di far avanzare contenuti e obiettivi che sarebbero poi tornati importanti e decisivi nel percorso successivo