Pubblichiamo il documento diffuso il 2 agosto 2021 a firma di Gianni Fabbris (presidente onorario di Altragricoltura e portavoce dell’Alleanza Sociale per la Sovranità Alimentare).
Il documento (che si compone di tre pagine) può essere scaricato cliccando su “Download”, letto o sfogliato nella sua versione PDF cliccando sulle apposite frecce.
documento del 2/8/21
Con l’inchiesta pubblicata venerdì scorso da FanPage dal titolo “Bufale Connection. L’epidemia tra le bufale della mozzarella dop: viaggio nella presunta epidemia che sta distruggendo il settore della mozzarella Dop” l’informazione sembra, finalmente, cominciare ad interrogarsi seriamente su quanto sta accadendo nel comparto della Bufala Campana. Il lavoro di Antonio Musella, che firma l’indagine insieme a Peppe Pace e Gaia Martignetti , ha il pregio di non fermarsi alle veline degli Uffici Stampa dei soggetti istituzionali che “dovrebbero essere garanti di informazioni corrette” ma, interrogandosi su quello che sta accadendo realmente e chiedendone conto senza avanzare posizioni preconcette e senza accettare le risposte come “verità immanenti”, solleva un velo dietro cui si intravedono molte falsità spacciate fin qui per certezze scientifiche.
Tante falsità che viene naturale chiedersi: “cui prodest?”
Unitamente al Video Inchiesta i giornalisti di FANPAGE pubblicano una breve sintesi e chiariscono i Fatti da loro accertati: “In Campania negli ultimi anni , 140 mila bufale che producono il latte per la mozzarella di bufala DOP, secondo gli allevatori, sono state abbattute vittime di una epidemia di brucellosi e tubercolosi. Un caso raro in tutta Europa che si concentra nella provincia di Caserta. Sono diversi i dubbi che si celano dietro questa epidemia a cominciare dai metodi diagnostici utilizzati dall’Istituto Zooprofilattico per il Mezzogiorno e ritenuti dagli allevatori e dal Consiglio di Stato sperimentali e non certi. Il numero di falsi positivi sembrerebbe essere considerevole, come raccontano alcune testimonianze dirette. A macellare gran parte delle bufale, che finiscono regolarmente sul mercato privato dei capi infetti, è un macello che si trova a 100 Km dalla provincia di Caserta di proprietà del Gruppo Cremonini, colosso mondiale, che produce anche la carne in scatola Montana. Mentre diminuisce il numero di bufale, i dati mostrano l’aumento della produzione di latte per la mozzarella di bufala Dop. Un controsenso. Come spiegano alcuni imprenditori del settore, per garantire il flusso continuo di latte si ricorre a volte all’importazione del latte estero, che viene poi mischiato con quello locale, violando il disciplinare della mozzarella di bufala Dop. Un intrigo che vede diversi interessi in gioco e migliaia di bufale, presunte infette, che finiscono ogni anno al macello. Per fermare questo fenomeno è possibile ricorrere al vaccino, che garantirebbe la salute degli animali e la qualità degli allevamenti. Ma per ora la Regione Campania non vuole dare il via libera ad un piano vaccinale. L’inchiesta “Bufale connection” di Fanpage.it racconta i retroscena di un fenomeno che riguarda la produzione del quarto prodotto italiano più conosciuto al mondo con un giro d’affari da 600 milioni di euro l’anno.”
Entrando nello specifico della Video-Inchiesta, alla domanda del giornalista: “Perché i capi degli allevamenti della provincia di Caserta dovrebbero essere portati all’abbattimento in un impianto di macellazione lontano oltre cento chilometri , a Flumeri in Provincia di Avellino, mentre nella provincia di Caserta ve ne sono 3 (TRE)?
Sulla questione, l’inneffabile Dott. Limone (Direttore Generale dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno di Portici, con competenze su due Regioni Campania e Calabria), dopo aver minacciato querele, risponde: “Cosa vuole che me ne importi dove vengono macellati gli animali…?” Eppure, in ragione della sua funzione di dirigente pubblico, il Dott. Limone dovrebbe invece sapere cosa prevede la Legge ed in particolare il DM Sanità 592/95 art. 8 co. 3.
Per chi non lo sapesse ricordiamo che il D.M. obbliga l’abbattimento dei capi bufalini infetti per Brucellosi e TBC nella stessa Provincia dove vengono allevati , ed in particolare prevede : “l’invio al macello dei bovini infetti deve avvenire sotto vincolo sanitario presso impianti della provincia ove ha sede il focolaio o nei macelli di altra provincia della stessa regione su autorizzazione del servizio veterinario della unità sanitaria locale competente, qualora sia dimostrata l’impossibilità di procedere alla macellazione nella provincia di origine del focolaio o per problemi legati alla commercializzazione delle carni. Nei predetti impianti la macellazione deve avvenire in modo tale da garantire la sicurezza degli addetti alle operazioni i quali devono essere preventivamente informati.”
Nella sua risposta al valente giornalista, il Dott. Limone, nel valutare quello stabilimento di Flumeri (REAL BEEF) come “in grado di assorbire i capi da macellare perché è uno stabilimento molto grande” non fornisce ragioni o elementi in base alle quali le ASL avrebbero dovuto adottare, o hanno adottato, la deroga all’invio dei capi nei macelli della provincia di Caserta e annuncia querele contro chi dovesse avanzare sospetti.
Per intanto l’esposto querela l’hanno già presentata (senza minacciarla) nei mesi scorsi alla Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere tre soggetti impegnati da tempo a denunciare quanto sta accadendo, chiedendo, fra l’altro, che vengano verificate proprio le circostanze della gestione delle azioni contro la brucella in Provincia di Caserta anche per accertare “se qualcuno si stia avvantaggiando da come vengono attuate e se ci siano interessi materiali privati ma anche collettivi e pubblici colpiti”.
Nei mesi scorsi, infatti, Il SIAAB Altragricoltura (con firma del suo presidente Lino Martone assistito dall’Avvocato Enzo Scolastico), Altragricoltura (con firma di Gianni Fabbris assistito dall’Avv. Antonio Sasso) e il Soccorso Contadino (con firma del Presidente Maurizio Ciaculli assistito dell’Avv. Antonio Melidoro), hanno posto questa circostanza come altre all’attenzione della Magistratura che sta indagando e, certamente, l’inchiesta di Fan Page aggiunge ulteriori punti di interesse che meritano risposte.
Come quella, per esempio, del perché e in ragione di quali evidenze scientifiche vengono utilizzati kit non validati e supportati da prove documentate per i test su cui si basano le contestatissime decisioni di abbattere gli animali.
Nell’inchiesta giornalistica, ben si evidenzia che il Test Bovigam adottato per individuare i capi infetti non risulta validato per il bufalo campano (cosiddetto bufalo d’acqua all’origine della filiera dop della mozzarella di bufala campana), come già documentato con il documento rilasciato dalla stessa azienda produttrice (la THERMO FISHER) che spiega come il test non sia stato testato per la Bufala Mediterranea. Anche in questo caso la risposta del Dott. Limone (dal minuto, 3,18 al minuto 4,51) è sconcertante: ”…con la nostra sperimentazione abbiamo smentito anche THERMO FISHER”. Come a dire che il percorso di validazione scientifica richiesto dagli organismi internazionali (OIE), in atto oramai dal 2014 e senza ancora un esito positivo fino ad oggi, per l’IZSM non ha alcun valore. E pensare che l’Assessore all’Agricoltura della Regione Campania, all’indomani della manifestazione degli allevatori che hanno marciato da Casal di Principe ad Aversa chiedendo “verità e giustizia” e delle molte critiche dei sindaci, ha dichiarato di “attenersi rigorosamente al parere degli scienziati”. Quali?
Piuttosto, l’Assessore all’Agricoltura della Regione è in grado si smentire l’indagine di FanPage quando si interroga su come sia possibile il fenomeno per cui “diminuendo la quantità di bufale” contemporaneamente aumenti la quantità di latte che circola sul mercato?
Stiano tranquilli l’Assessore all’Agricoltura della Regione Campania e il Direttore dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Portici, insieme a molti altri documenti ed alla ricostruzione di molte altre circostanze in allegato alla denuncia a firma di Fabbris, di Martone e di Ciaculli vi è, anche, il documento prodotto da THERMO FISHER (ovvero dei detentori e distributori del Test) che dichiara come il Test non sia validato. Evidentemente il direttore Limone potrà bene produrre ai magistrati le sue prove scientifiche che smentiscono la dichiarazione di chi ha messo in commercio il Kit. Così. Forse, finalmente anche noi tutti capiremo colmando le lacune certamente dovute alla nostra ignoranza.
In questi giorni, per opera degli avvocati che stanno assistendo le organizzazioni denuncianti, altri documenti verranno prodotti ai magistrati e fra questi anche l’inchiesta giornalistica di Fan Page ma, adesso, il tempo è quello della responsabilità della politica che non può più fare finta di non vedere quali siano i problemi ed è chiamata a dire da che parte sta senza più nascondersi dietro lo scaricabarile con la speranza che il gioco al massacro sulla pelle degli allevatori, dei trasformatori artigianali e del territorio continui nel silenzio.
Altragricoltura annuncia una forte iniziativa pubblica nelle prossime settimane con l’obiettivo che emerga la verità e si metta finalmente in campo l’azione istituzionale che serve: quella che tuteli davvero il comparto a partire dalla realizzazione di quel piano di vaccinazione che a gran voce tanta parte della scienza e finanche l’UE sta chiedendo e che noi con gli allevatori stiamo indicando da tempo. Una iniziativa che parte dall’invio della copia della denuncia ai parlamentari e della lettera che fu inviata ai due ministri (Sanità e Agricoltura) ormai molti mesi fa; lettera in cui si indicavano i problemi e proponevano le soluzioni.
Ai parlamentari italiani chiediamo atti urgenti e impegnativi delle scelte nazionali ed ai parlamentari Europei che garantiscano il pieno coinvolgimento delle istituzioni comunitarie.
Ai due Ministri, verrà riproposto in una iniziativa pubblica di rispondere ai quesiti già segnalati loro fin dal mesi di aprile e cui né l’On.le Roberto Speranza né il Sen. Stefano Patuanelli hanno fin qui ritenuto di rispondere.
In verità il Sen. Patuanelli in un recente question time alla Camera ha risposto di “essere consapevole che la stragrande maggioranza degli animali abbattuti risulta poi negativo” ed ha praticamente allargato le braccia come a dire “non dipende da me”.
E da chi dovrebbe dipendere? Forse dal Ministro della Sanità? E, se si, non è incomprensibile che il Ministro Speranza che tante energie profonde per convincerci della necessità di vaccinarci contro il COVID, non trovi il tempo di rispondere alla sollecitazione nostra e di tanta parte del pensiero scientifico di procedere alla “Vaccinazione” per risolvere il problema della brucellosi? Non è inquietante che nel momento in cui persino la Commissione Europea lo suggerisce nelle sue raccomandazioni, la politica italiana si faccia irretire da posizioni contrarie alla vaccinazione? Perchè?
La verità e che da decenni è in atto uno scontro molto duro che ha come posta il controllo del grande business legato al ciclo di produzione/distribuzione e consumo di quello che con una metafora felice viene definita “la perla dell’agroalimentare del Sud”, la mozzarella di bufala. Da una parte gli allevatori e i trasformatori artigianali che da sempre hanno fatto del ciclo allevamento/trasformazione una delle eccellenze della storia dell’agroalimentare italiano indissolubilmente e intimamente legata al rapporto con il territorio d’origine (in particolare il casertano che esprime il 60% dell’intera produzione nazionale) e le sue comunità e dall’altra la speculazione industriale e finanziaria che cerca in tutti i modi di prendere il controllo.
Uno scontro dentro la guerra in corso che sta trasformando l’Italia da grande Paese di produzione del cibo fondato sulla sua cultura del lavoro della terra e del mare e sulle tradizioni culinarie ricche di diversità ambientale, culturale e sociale che le hanno determinate in una grande “piattaforma commerciale speculativa nel centro del Mediterraneo” con le “merci agroalimentari” controllate dai marchi e dai brand speculativi che possono sempre più fare a meno del lavoro e delle irripetibili condizioni ambientali in cui il nostro cibo si è determinato.
Così, mentre il Made in Italy diventa un brand commerciale garante di bande di speculatori di ogni risma, con la materia prima sempre meno legata alla nostra storia ed al lavoro dei nostri produttori, le campagne si svuotano, il territorio si impoverisce, tutti noi paghiamo i costi ambientali e sociali di un modello globale in mano ai nuovi signori del cibo.
E’ in questo quadro che oggi poniamo la domanda alla Regione Campania ed ai Ministeri competenti: “se in venti anni, dopo aver massacrato 140.000 animali ed aver costretto a chiudere tanti caseifici artigianali e allevamenti, i problemi non si risolvono ma, anzi, aumentano e se nel frattempo il controllo industriale sul comparto aumenta, gli interessi speculativi ingrassano, cosa aspettate a riconoscere di dover cambiare strategia?
A meno che la strategia sia proprio quella di raggiungere questi obiettivi”, la politica farebbe bene a recuperare la piena autonomia dal “mercato” aprendo il confronto senza preconcetti con le istanze degli allevatori nell’unico interesse del territorio e delle comunità; per farlo, il primo atto di trasparenza di cui ci sarebbe bisogno è semplice: dopo il fallimento, venga rimosso chi ha gestito il piano di eradicazione della brucella con gli abbattimenti.
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Gianni Fabbris – Presidente Onorario